Il processo di trasformazione del gruppo Granarolo, che ne sta cambiando la fisionomia, ha portato buoni frutti anche nel 2016. L’esercizio si è chiuso, infatti, con un bilancio consolidato che vede ricavi a quota 1,18 miliardi di euro, in crescita del 9,5% nel 2015, anno nel quale i ricavi erano saliti del 3,9%. Le acquisizioni hanno sicuramente contribuito alla buona performance del 2016, ma l’accelerazione dei ricavi è tangibile ed è il segnale che le acquisizioni vanno nel senso giusto.
IL LATTE DELUDE ANCHE NEL 2016 – Il business legato al latte ormai pesa per il 40% dei ricavi totali. Non è certamente poco, ma nel 2010 rappresentava il 60% e in questi anni lo sforzo di diminuirne l’incidenza è stato molto. D’altronde è un mercato che dà ben poche soddisfazioni ai produttori: la business unit “Latte e bevande” di Granarolo ha registrato un fatturato di 440,8 milioni, in calo del 5,6% rispetto al 2015, performando leggermente peggio del mercato nel latte fresco mentre è in miglioramento rispetto all’andamento del mercato per il latte uht ha specificato la società. La debolezza del mercato non si arresta, sia per l’aggressività delle private label sia per la tendenza ai ribassi della materia prima, cui la società sta reagendo con la creazione di una filiera del latte biologico.
CRESCONO A DOPPIA CIFRA BURRO E FORMAGGI – Nonostante la scarsa appetibilità del latte, Granarolo ha comunque aumentato anche nel corso del 2016 i volumi di latte acquistato dalla sua filiera ha ricordato il presidente Gianpiero Calzolari. E il motivo è da ricercare soprattutto nella crescita della divisione “Formaggi e burro” che ha ha registrato ricavi per 477,8 in incremento rispetto al 2015 (+11,7%). Anche grazie all’aumento delle esportazioni verso i paesi asiatici, ha aggiunto Calzolari. E proprio il burro si sta rivelando una sorpresa, con una crescita elevata dei prezzi a livello internazionale, grazie anche agli acquisti che arrivano dalla Cina, di cui si giovano tutti i produttori e a monte le filiere, come nel caso di Granlatte che controlla Granarolo.
OLTRE AL LATTE C’E’ DI PIU’ – La business unit “Altri prodotti” (yogurt, prodotti vegetali, prosciutti, aceto balsamico, pasta e prodotti da forno) ha registrato ricavi per 262,1 milioni di euro, in incremento del 43% rispetto al 2015, soprattutto grazie alle nuove acquisizioni, tra le quali giova ricordare Conbio, specializzata nei prodotti vegetali, e Fattorie Giacobazzi, nome noto del balsamico di Modena, oltre a Pandea (senza glutine).
UNA PRESENZA INTERNAZIONALE – Le acquisizioni estere sono state l’altro grande leit motiv degli ultimi anni: grazie a queste il fatturato oltre confine di Granarolo ha raggiunto il 24% del totale nel 2016, con aspettative di pesare per il 35% entro il 2019, secondo il piano strategico della società. Che ha acquisto distributori un po’ in tutti continenti (nel 2016 sono arrivate Svizzera, Svezia, Estonia e nel 2017 il raddoppio in Brasile) per veicolare i prodotti made in Italy del suo portafoglio e che vede crescere proprio nei Paesi extra Ue le vendite, con un +165 per cento. Altre acquisizioni sono previste nel 2017, anno nel quale potrebbe arrivare il tanto atteso colpo negli Stati Uniti.
SALE LA MARGINALITA’ OPERATIVA – Da tutto questo mix è scaturita anche una crescita a doppia cifra del margine operativo lordo, salito del 16% a 81 milioni di euro (6,9% dei ricavi, Parmalat è al 7,1%), e dell’utile netto, cresciuto a 22,6 milioni (+25,3%). La posizione finanziaria netta al 31 dicembre era negativa per 87,6 milioni di euro, in miglioramento sul 2015. Ai soci (77,48% Granlatte, 19,78% da Intesa Sanpaolo, 2,74% da Cooperlat) sono andati 12 milioni di euro in dividendi.