La Francia ha detto ufficialmente sì alle etichette cosiddette “a colori” da apporre sugli alimenti in vendita nei supermercati, ma non solo. Si tratta di una notizia destinata a irrompere con forza negli equilibri che regnano tra produttori, distributori e consumatori, tanto più che la sua applicazione è stata sdoganata in uno dei Paesi europei ad alta cultura alimentare, spesso in trincea con l’Italia nelle battaglie europee per la difesa delle tipicità produttive dei propri territori. L’annuncio è stato dato dal ministro per la Salute Marisol Touraine attraverso il quotidiano Le Parisien, spiegando che il sistema entrerà in vigore a partire da aprile e sarà emessa una circolare ministeriale ad hoc che ne chiarirà i contorni.
LE ETICHETTE SARANNO “RACCOMANDATE” – Il sistema scelto dalla Francia si chiama Nutriscore ed è stato sviluppato dal professor Serge Hercberg che lavora all’Inserm, l’Institut national de la santé et de la recherche médicale che è qualcosa di simile all’Istituto superiore della Sanità italiano. Non sarà obbligatorio da apporre sugli alimenti perché i regolamenti dell’Unione europea lo vietano, ma solo “raccomandato” dal ministero, che ha certamente un peso non indifferente se consiglia il suo utilizzo su larga scala. La scelta del Nutriscore arriva dopo un test di 10 settimane condotto in 60 punti di vendita della grande distribuzione dove i consumatori si sono confrontati “sul campo” – si potrebbe dire – con vari sistemi di etichettatura nutrizionale, da quelli proposti dall’industria a quelli della gdo fino al sistema a semafori inglesi tanto vituperato dall’industria alimentare italiana. La competizione ha visto vincitore il Nutriscore, di cui ora il ministro consiglia l’applicazione per guidare la scelta dei consumatori sullo scaffale, anche se i risultati ufficiali del test non sono stati ancora resi noti.
DAL VERDE AL ROSSO PER GUIDARE I CONSUMATORI – Come funziona il Nutriscore? E’ un sistema a cinque colori – dal verde scuro al rosso – e lettere ad essi abbinante – dalla A alla E – che basa il suo giudizio finale su una somma di elementi negativi e positivi. I negativi si riferiscono alla maggiore presenza di grassi saturi, sale, zucchero, alcol, che concorrono a spingere il risultato finale verso il rosso, che possono essere però bilanciati da elementi positivi quali l’apporto proteico, le fibre, la presenza di frutta e verdura negli ingredienti, che sono elementi positivi. Una funzione pondera elementi positivi e negativi e decreta quale colore affibbiare a quello specifico prodotto. Più si va verso il verde, ovviamente, più il messaggio che si vuol far passare al consumatore è quello di un prodotto “consigliabile” per un consumo che sia rispettoso delle linee guida del ministero. Nutriscore abbina quindi elementi grafici e di calcolo delle etichette “a semaforo” inglesi a una base di calcolo che è più complessa e più sfumata, perché tiene conto di tutta la ricettazione e non solo della maggiore o minore presenza di un singolo ingrediente messo sotto accusa.
LE TIPICITA’ ALIMENTARI SARANNO ESCLUSE – In questa classificazione – che si ripete è su base volontaria – rientreranno tutti i prodotti confezionati, siano essi trasformati e preparati o semplici materie prime finite e pronte all’uso, oltre che i piatti della ristorazione collettiva. Resteranno fuori dalla classificazione, secondo l’indicazione della ministra, gli “aliments de terroir” ovvero le tipicità territoriali che talvolta coincidono con i prodotti Dop/Igp. Si tratta di una definizione ovviamente larga che sarà meglio specificata nella circolare ma che potrebbe consentire anche alle tipicità italiane esportate in Francia di evitare il voto sintetico a colori, come succede invece in Inghilterra. Nulla è ancora chiaro, però, su questo terreno.
LE IMPRESE CONTRARIE A QUESTO SISTEMA – Le imprese presenti in Francia non l’hanno presa bene, perché hanno da sempre avversato questo sistema che può svelare chiaramente le debolezze nutrizionali di certe elaborazioni alimentari e, cosa non da poco, mettere ancor più in concorrenza le società su ogni merceologia a scaffale, perché il consumatore potrà scegliere quella col voto migliore disinteressandosi di altre valutazioni più guidate dal marketing aziendale. Al momento però le associazioni degli industriali non hanno preso una posizione netta, se non per dire che aspettano di leggere i risultati definitivi del test. C’è anche da dire che qualche giorno fa sei multinazionali –Coca-Cola, Mars, Mondelez International, Nestlè, Pepsico, Unilever – avevano presentato uno schema proprio cosiddetto “a semaforo” (simile a quello utilizzato in Inghilterra), non più calcolato sui 100 grami di prodotto ma sulla porzione, che aveva fatto imbestialire alcuni rappresentanti politici italiani tra cui il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. Non è chiaro, a questo punto, se le sei società andranno avanti per la loro strada e, almeno in Francia, si adegueranno al sistema interno come ha già dichiarato di voler fare Fleury Michon, produttore francese che ha una joint venture anche con il salumificio Beretta. Quel che è chiaro, è che la Francia ha dato il colpo di start a una durissima battaglia sulle etichette del futuro, i cui effetti sui consumi sono ancora tutti da scrivere.