In merito alla nuova etichettatura d’origine su latte e derivati, Assolatte dice la sua precisando che a cambiare veramente saranno solo le informazioni contenute in etichetta. Da oggi, 19 aprile, le aziende che realizzano latte, yogurt, burro, latticini e formaggi indicheranno sulle confezioni sia la provenienza del latte utilizzato negli stabilimenti italiani sia il paese dove il latte è stato condizionato e/o trasformato. Con le nuove regole –si legge nel comunicato Assolatte– muterà solo il livello di informazione dei prodotti lattiero-caseari, perché sicurezza, qualità e bontà restano quelle di sempre, garantite dall’Industria.
Le riflessioni di Assolatte
In particolare Assolatte mette in risalto 7 criticità della norma appena entrata in vigore:
- È fuorviante: l’indicazione può spingere i consumatori a diffidare dei prodotti lattiero-caseari realizzati con latte non italiano. Ma se sulle confezioni c’è scritto “origine UE” i consumatori possono stare tranquilli, perché in tutti i Paesi dell’Unione Europea gli standard di qualità e di sicurezza sono garantiti da un sistema di norme e controlli allineato e molto severo. Per le confezioni in cui c’è scritto “origine extra UE”, invece, si intendono alimenti provenienti dalla Svizzera, anch’essi certificati.
- Sminuisce il ruolo delle aziende di trasformazione: con la nuova dicitura vengono esaltati i fornitori. Ma a produrre gli alimenti della tradizione casearia italiana e a portarli sulle tavole di milioni di consumatori sono le imprese di trasformazione, quelle che sui prodotti il loro nome e marchio non lo mettono.
- È miope: fissare l’attenzione sulla provenienza del latte fa perdere di vista il fatto che non è solo l’origine che fa la qualità. Per ottenere un prodotto all’altezza del made in Italy, infatti, è altrettanto importante saper lavorare il latte con maestria, passione e know-how.
- È poco chiara: il decreto che ha introdotto la nuova etichettatura è di difficile interpretazione, tanto da aver richiesto numerose circolari che, però, non sono riuscite a chiarirne alcune disposizioni; ciò ha reso molto complessa e complicata l’adozione della nuova normativa da parte delle aziende.
- Favorisce gli sprechi: il decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 19 gennaio 2017 ed entra in vigore oggi, 19 aprile 2017. Tre mesi non bastano per permettere alle imprese di smaltire le confezioni in magazzino. E così le aziende sono state costrette a mandarle in discarica.
- È iniqua: l’obbligo dell’indicazione d’origine riguarda solo le aziende italiane, mentre chi produce latte e derivati all’estero e li porta in Italia continuerà a farlo senza applicare le nuove regole; soprattutto senza aver affrontato gli oneri e i costi necessari per adeguarsi alla nuova normativa.
- Contraddice i principi che sono alla base dell’Unione Europea: si può parlare di mercato comune quando ogni paese si fa in casa le proprie regole? Pensiamo al recente dibattito sulle etichette nutrizionali a semaforo che ha scaldato l’opinione pubblica internazionale. Ma l’Italia, con questi recenti interventi normativi, non sta forse facendo anch’essa del protezionismo?