L’acquisizione, perfezionata da parte di Danone, del gruppo statunitense Whitewave Foods, famoso in Italia per il marchio Alpro, non è solo “business as usual”, come amano ripetere gli americani in casi come questo. A parte il controvalore corposo, 12,5 miliardi di dollari (11,3 miliardi di euro), vuol essere la pietra angolare di un cambiamento di strategia che avrà il passo lungo dei maratoneti, destinato a durare 20 anni nelle intenzioni del colosso francese del settore dairy. Lo ha spiegato il numero uno della società Emmanuel Faber in una lunga intervista al quotidiano Le Figaro nel quale ha dato la sua visione sui cambiamenti dei consumi alimentari e sulle sfide che si parano davanti alle aziende a presenza internazionale com’è quella che lui dirige da ottobre del 2014.
L’America al centro della nuova Danone
Innanzitutto gli Usa, dove Danone con Whitewave svilupperà circa sei miliardi di dollari di giro d’affari, pari al 25% di tutto il fatturato di gruppo. Era il 13% del totale prima dell’acquisizione e il salto di qualità è tangibile. Il mercato americano sta attraversando appieno una rivoluzione del modo di alimentarsi ha detto Faber, e Whitewave (con Alpro) dovrebbe servire ad esser subito pronto per agganciare i nuovi trend di consumo e consentire a Danone di giocare da primattore in nuove categorie quali le bevande, gli smoothies, i dessert ecc, con una ampia base di prodotti bio o a base vegetale che attualmente crescono del 30-50% in America del Nord. Nei calcoli di Faber, Whitewave alzerà la crescita annuale attesa di Danone – o meglio DanoneWave come si chiamerà in Nord America – dello 0,5-1% nei prossimi anni rispetto a quella già ipotizzata, grazie soprattutto all’innovazione frutto della messa a fattore comune delle rispettive esperienze.
Per Alpro un futuro di forte innovazione
Il marchio europeo Alpro, distribuito anche in Italia dov’è tra i leader nei prodotti a base vegetale (soia, riso, mandorle ecc), sarà centrale nella nuova strategia Danone. Il brand è distribuito in quattro mercati attualmente e vale il 15% dei ricavi totali di Whitewave, ovvero circa 600 milioni di dollari sui 4 miliardi circa di tutto il gruppo acquisito. Alpro parteciperà alla trasformazione della categoria a livello non solo europeo ma più ampio (sarà distribuita in altri 10 Paesi, ndr) ha detto Faber, aggiungendo che questa marca ci aiuterà a reinventare le nostre attività nei prodotti lattieri freschi, che adesso, per onor di cronaca, è in sofferenza. In altri termini, Alpro potrebbe diventare un motore di grande innovazione per tutto il gruppo.
Cibo sano e più “local”, nuovo mantra del gruppo
La priorità più importante di Danone per il 2017 sarà però il rilancio di Activia, che dovrà reinventarsi in una versione più local ha detto il numero uno del gruppo francese. Un bel cambiamento di rotta rispetto alla standardizzazione mondiale del brand più importante della società transalpina, ma bisogna ripartire dalle marche e dai mercati locali, poiché ora abbiamo raggiunto il massimo della standardizzazione di questo modello alimentare, che a questo stadio non è esente da rischi, compresi quelli della sicurezza alimentare con la complessità dell’attuale catena di approvvigionamento. Per Faber l’alimentazione sana e il più possibile locale sono temi tornati di grande attualità, e investire nella tracciabilità dei prodotti (come sta facendo Danone) porterà dei benefici ai produttori, che si scontrano adesso con una certa disaffezione dei consumatori verso le marche (tradizionali, ndr) alla quale Danone vorrebbe fare fronte con l’acquisizione di Whitewave, proprietaria di brand che hanno meno di una generazione e sono proiettate verso le richieste attuali dei consumatori.
Non solo utili, conta anche il sociale
DanoneWave sarà una “public benefit corporation”, ovvero una società nella quale i dirigenti sono tenuti a perseguire obbiettivi di creazione di valore e nello stesso tempo obiettivi sociali e ambientali che saranno fissati nello statuto costituivo della nuova società. La nuova Danone, si chiede Le Figaro, sarà immune da predatori come Kraft Heinz, che potrebbe essere interessata dopo aver digerito il “no” di Unilever? Per Faber la risposta va data dai 300 mila azionisti che devono credere in questo progetto. Ma chissà se la società non cederà qualche pezzo meno strategico o performante, come ha deciso di fare Unilever con la sua storica divisione delle margarine, per rendersi meno scalabile nel futuro prossimo.