Dopo anni di flessione, finalmente nel mercato dei formaggi a pasta dura e semidura sembra essere in atto un’inversione di tendenza. A registrare buoni risultati nel 2016 è stato soprattutto il peso imposto, mentre nell’area del peso variabile i consumi continuano a ristagnare. I segmenti più performanti sono il Pecorino e le paste filate, sostenuti da crescite importanti soprattutto nel Centro-Sud Italia. Continuano invece a soffrire specialità tipiche del Nord come l’Asiago e il Montasio, ma anche le caciotte. A infondere fiducia è però soprattutto l’export, che non si arresta e promette ai player ancora ampi margini di sviluppo e nuove piazze su cui approdare.
Tutti i numeri
Il giro d’affari generato dai formaggi duri e semiduri a peso variabile nel 2016 è stato di oltre 1,144 miliardi di euro per quasi 101 milioni di kg (dati Nielsen totale Italia distribuzione moderna+normal trade, a.t. dicembre 2016). Il segmento perde lo 0,7% a volume – spiega Alessandro Borghi di Nielsen – anche se si tratta comunque di un calo contenuto, se paragonato a quello degli anni passati in cui la flessione è stata sempre superiore al 4 per cento. La Distribuzione moderna chiude il 2016 sostanzialmente flat nel peso variabile, grazie al buon andamento di paste filate (+6,7% a volume) e Pecorino (+4,2 a volume), le due tipologie principali per dimensione. Le vendite a peso imposto invece ammontano a 395 milioni di euro per circa 47 milioni di kg e seguono la tendenza positiva a salire di tutto il mercato cheese. Duri e semiduri concludono il 2016 con un netto +5,1% a volume rispetto al 2015, e un leggero aumento a valore dello 0,8%. Mette a segno un ottimo +13,1% a volume e un +9,5% a valore il Pecorino, risalgono la china egregiamente le paste filate con Provole e Scamorza con +8,3% a volume e +3,5% a valore, e registra un buon +7,8% a volume la Fontina. Crollano invece specialità come Asiago e Montasio con -14,9% a volume e -15% a valore, e flettono anche le caciotte con -4,2% a volume e -7,7% a valore.