Dopo due anni di cure del fondo di private equity Clessidra, il gruppo Acetum cambia casacca – anzi forse sarebbe meglio dire cittadinanza – e diventa inglese. Lo ha acquisito, infatti, la Associated British Foods (Abf), una conglomerata con una buona presenza nel settore alimentare che ha base a Londra e che ha sviluppato nel 2016 un giro d’affari di 13,4 miliardi di sterline (14,75 miliardi di euro al cambi attuale), con 818 milioni di utili netti di gruppo (900 milioni di euro). Abf, che ha acquistato il 100% della società che ha sede a Cavezzo (Mo), è quotata in Borsa dove capitalizza attualmente oltre 25 miliardi di sterline.
I fondatori resteranno nella società
Non posso rivelare i termini economici dell’accordo – dice a Food Cesare Mazzetti, presidente di Acetum – ma la proposta che ci è stata presentata da Abf è stata soddisfacente e il processo di vendita alla multinazionale inglese è stato, quindi, relativamente veloce. Mazzetti era titolare del 12% delle quote, mentre Marco Bombarda – l’altro socio fondatore – aveva l’8 per cento. Tutti e due usciranno dall’azionariato ma manterranno le attuali cariche all’interno della società, così come l’amministratore delegato Andrea Guidi, che fu scelto da Clessidra. Per noi è un piacere rientrare in un gruppo industriale – continua Mazzetti – dopo questa parentesi finanziaria, che ci è servita per ottimizzare la nostra organizzazione dopo la fase di crescita per linee esterne degli ultimi anni. La nuova relazione con una società del settore alimentare sarà comunque più fluida perchè tra produttori si parla una lingua simile, anche se per loro l’acquisto di una società attiva in una produzione Igp è una prima assoluta e dovranno imparare a relazionarsi con i problemi tipici dei consorzi. La banca inglese Barclays ha comunque ipotizzato un esborso di 300 milioni di euro, pari a 14-15 volte l’Ebitda del gruppo italiano.
Il 90% della produzione Acetum è esportato
Acetum ha chiuso il 2016 con un fatturato netto consolidato di 103 milioni di euro, il 90% dei quali prodotti all’estero in 60 Paesi circa, Iran compreso dove sembra esserci un buon riscontro dei consumatori. L’aceto balsamico di Modena – spiega Mazzetti – si conferma un prodotto molto amato all’estero, con l’86% della produzione complessiva delle aziende del Consorzio che viene esportato. Gli Stati Uniti sono il primo mercato, con quasi il 40% delle vendite: una quota che potrebbe crescere ancora molto dato che i prodotti “italian sounding” che si trovano sugli scaffali valgono da soli più della metà di quanto vendono le aziende italiane. C’è da dire che i tassi di crescita non sono più quelli di una volta, quando le vendite di “balsamico” crescevano a due cifra. Ora siamo intorno al 2% di crescita e 700 milioni di valore al consumo delle nostre produzioni, ma le opportunità da esplorare sono ancora molte, e su queste considerazioni di mercato Abf ha scelto di entrare in questo settore rilevando l’azienda leader, dotata di cinque stabilimenti che producono anche l’aceto di vino e di mele, oltre alle glasse di balsamico”.
Abf tra Twinings, zucchero & abbigliamento
Che fisionomia ha il gruppo Abf, conosciuto in Italia soprattutto per il thè Twinings? La conglometata, che impiega 130 mila dipendenti, è presente in con impianti produttivi in tutti e cinque i continenti. L’asset maggiore è la catena di abbigliamento irlandese Primark, che ha aperto anche in Italia e che ha fatturato nell’ultimo esercizio 5,95 miliardi di sterline. Le attività nell’alimentare, che abbracciano praticamente tutta la filiera (dal campo alla tavola) hanno avuto ricavi compessivi per 7,45 miliardi. Di questi 3,3 miliardi di sterline provengono dal settore grocery, i cui ricavi sono saliti del 3% nell’ultimo esercizio generando un risultato operativo di 300 milioni di sterline (9,3% il margine percentuale). I marchi più famosi sono Twinings e Ovaltine (Ovomaltina in Italia), ma la società produce anche olio di mais con il marchio Mazola leader in Usa, cereali, curry e condimenti indiani; insaccati e panificati. La divisione “ingredienti” ha il suo fulcro nella AB Mauri, presente anche in Italia con due stabilimenti, che produce lieviti e prodotti per la panificazione in 26 siti nel mondo con 7 mila dipendenti. Vi sono poi una divisione di agrindustria e una importante di produzione di zucchero, incentrata soprattutto in Europa e nell’Africa australe. Prima di acquisire Acetum, Abf aveva disinvestito dalla produzione di spezie negli Stati Uniti e da parte di quella di zucchero in Cina. Viene da chiedersi se una produzione così caratterizzante il made in Italy sarebbe potuta finire a un’azienda italiana invece che inglese, come è stato nel caso di Giacobazzi con Granarolo, ultima operazione prima di Acetum-Abf (e di Ortalli finita alla spagnola Borges). La risposta è nei fatti, e sottolinea la mancanza di progettualità e voglia di investire anche nelle produzioni più orientate all’export.