C’è una buona notizia per l’industria e la distribuzione alimentare italiana: è tornata la voglia di qualità tra i consumatori e soprattutto nel carrello della spesa. A rivelarlo è il Rapporto Coop 2017, che tratteggia un quadro dell’Italia più confortante rispetto al panorama a tinte fosche degli anni scorsi. Questo non vuol dire che tutti i problemi siano risolti, anzi di incognite ne restano tante, a cominciare da quella evidenziata da Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia, proprio a margine della presentazione del Rapporto e cioè una preoccupante inflazione sul fronte di varie materie prime e prodotti alimentari (olio extravergine di oliva +60% nel 2017, caffè robusta +30%, latte in stalla +10% in Italia e +40% in Germania, burro +80%, Parmigiano Reggiano +18%, Grana Padano +7%) che potrebbe rappresentare un freno per la ripresa ancora debole.
I numeri della ripresa
Di sicuro è già importante poter dire che una ripresa c’è e si vede nei numeri: il Pil fa registrare un +1,5% nel 2017 e un +1,2% atteso nel 2018, considerato tutto sommato un risultato incoraggiante seppur lontano dal 2,1% dell’area euro, e i consumi continuano il loro trend positivo (l’anno in corso si chiuderà con un + 1,2%) a patto però – rimarca il Rapporto Coop – di una diminuzione del tasso di risparmio e del nuovo incremento dei prestiti. La dinamica dei redditi delle famiglie è infatti azzerata dalla bassa crescita dei salari e dalla lieve ripresa dell’inflazione; nonostante ciò le famiglie di fatto stanno mantenendo la loro spesa a livelli elevati e questa loro ostinazione è ancora una volta un segnale di lucidità che le rende antesignane rispetto alle stesse imprese, come ha evidenziato Albino Russo, Direttore Generale di Ancc-Coop.
Basta alle rinunce alimentari
Ma torniamo alla buona notizia: secondo il Rapporto Coop, il 2017 è l’anno della fine del downgrading della spesa e la maggioranza degli italiani si è lasciata alle spalle il tempo delle rinunce alimentari e della caccia alle promozioni; torna la voglia di qualità e la sperimentazione. Il 70% degli italiani, primi in Europa, dichiara di essere disposto a pagare di più per avere più qualità e il carrello del lusso, forte dei suoi filetti di pesce, funghi, caffè in capsule e vini doc, supera l’8% di crescita nel primo semestre dell’anno. Nelle fasi più recenti qualità è poi diventata sinonimo di sicurezza, oltre che di proprietà organolettiche e di gusto. Si spiega così quel 56,4% di consumatori che legge in modo quasi maniacale le etichette dei cibi.
I trend a tavola
La salute prima di tutto e il cibo come elisir e terapia oltre che come piacere. È questo il nuovo mantra degli italiani a tavola: il 46% pensa infatti che i superfood siano un modo per trattare e prevenire le malattie, per un intervistato su tre la loro assunzione è addirittura alternativa alle medicine tradizionali e più di un italiano su 3 si fa dettare la dieta alimentare direttamente dal proprio medico (o dal naturopata) piuttosto che dal produttore o distributore. I ‘cibi terapeutici’ (superfood ma anche dieta sirt e prodotti assimilabili) valgono oramai il 10% dei consumi alimentari e crescono il doppio della media (+5% l’ultimo anno, i superfood l’8%). Anche qui per superfood che tendono a scemare nell’attenzione degli italiani, altri di nuovi e ancora più insoliti ne arrivano: attualmente quelli ritenuti più healthy e comunque anche gustosi al palato sono la polvere di maca (il 100% ritiene che abbia proprietà salutistiche), i semi di chia (75%), le bacche di acaj (69%) e di goji (68%). Mentre si sono arrestate le vendite di aglio nero (-37%), kamut (-24%), soia (-3%) a riprova della progressiva fluidità delle scelte di consumo.
Vincono le varianti più salutari
Se scendiamo dal macro ai singoli prodotti si coglie analizzando i top e i bottom delle vendite nella grande distribuzione l’effetto sostituzione a vantaggio delle varianti più salutari. Anche quando si ha a che fare con i prodotti della tradizione: così cede terreno il latte uht (-4,6%) in favore di quello a alta digeribilità (+174,4%) o le uova di galline allevate in batteria (-8,2%) a favore di quelle allevate a terra (+15%). E scorrendo la lista è tutto un surplus di prodotti considerati benefici: crescono gli integrali, i senza glutine, i senza lattosio. Se consideriamo solo il ‘senza olio di palma’, diventato anche un caso mediatico, il giro d’affari registra un più che promettente +13,5%, mentre siamo arrivati a mangiare la stessa quantità di carni rosse e bianche chiudendo un divario fino ad oggi storico: 19 chilogrammi pro capite annui.
Il cibo è moda
Ma se il cibo torna di moda mutua proprio dal fashion altre caratteristiche. Diventa così esperienza da vivere, estetica da condividere (130 milioni i risultati indicizzati su Instagram alla parola #foodporn), rappresentazione della propria identità individuale (vegan e non solo….) e sperimentazione (le scelte alimentari sono sempre più fluide e stagionali). A proposito di stagionalità, il positivo andamento delle vendite food della grande distribuzione (sfiora il 3% nel primo semestre) è concentrato proprio nei settori che hanno subito le temperature estreme sia della stagione calda che di quella fredda e potrebbero ridurre la loro esuberanza con un (auspicabile) ritorno alla normalità ‘metereologica’.
L’andamento delle vendite in Coop
Gli elementi di ripresa dei consumi sono evidenti anche nella nostra rete di vendita – dichiara Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia – nei primi sei mesi dell’anno miglioriamo le vendite (nel grocery +1,2% a valore e +2,1% a volume). Inoltre, di fronte a qualche risveglio dell’inflazione alimentare, continuiamo a frenare i prezzi di vendita e a difendere il potere di acquisto dei nostri soci e consumatori; il delta inflattivo tra Coop e la media del mercato sfiora il -2%. In linea con i cambiamenti importanti nella composizione del carrello degli acquisti degli italiani descritti nel Rapporto abbiamo assortimenti più ampi della media del mercato nei segmenti free from, rich-in, vegan, etico-sostenibile e non a caso le vendite di queste categorie di prodotti in Coop sono in crescita significativa. Il nostro impegno si è focalizzato sullo sviluppo della Mdd, il prodotto a marchio Coop. Oltre a 200 nuovi prodotti nel 2017 e ad altri 200 nel 2018, stiamo lanciando nuove linee (Amici Speciali, Origine, Casa, Io, D’Osa …) e continuando ad ampliare i contenuti di distintività valoriale; si pensi all’impegno per superare l’olio di palma, ai ‘Buoni e Giusti Coop’ per combattere l’illegalità nelle filiere ortofrutticole, alla campagna ‘Alleviamo la salute’ per contenere/superare l’uso degli antibiotici nell’allevamento degli animali. Nel 2017 proseguiamo il lavoro di rafforzamento della rete di vendita con 10 nuove aperture e 90 ristrutturazioni importanti (oltre 300 milioni di investimenti), con lo sviluppo dei distributori Coop (31 stazioni con oltre 400 milioni di litri erogati) e con nuove iniziative imprenditoriali tra cui i negozi specializzati per animali (Amici di Casa), l’online Food (EasyCoop) e l’esperienza virtuale-fisico dei CoopDrive.
Liberare risorse per finanziare lo sviluppo
Siamo di fronte a segnali di ripresa che accogliamo positivamente ma che riteniamo ancora deboli e intermittenti, se non saranno sostenuti da interventi strutturali a sostegno soprattutto della crescita del lavoro riducendo le disuguaglianze generazionali. I consumi altrimenti, pur ripartiti, corrono il rischio di girare a vuoto e di ritornare al punto di partenza – sostiene Stefano Bassi, Presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) –. In questi anni difficili Coop ha mantenuto i presidi territoriali, ma per investire e mantenere l’occupazione dobbiamo liberare risorse riducendo in generale i costi e tra questi il differenziale troppo pesante che la distribuzione cooperativa sopporta rispetto all’impresa privata senza voler omologarci a questa. Purtroppo non siamo ancora riusciti a firmare il rinnovo contrattuale; a quel tavolo portiamo avanti anche proposte di welfare in linea con le aspettative di molti italiani e con il modo diverso con cui si interfacciano con un nuovo modello di lavoro. Il Rapporto ha permesso di verificare quali siano le forme integrative di remunerazione, alcune di queste come la previdenza e l’assistenza integrativa sono terreni su cui le cooperative di consumatori hanno già dichiarato di voler intervenire e in prospettiva potrebbero arrivare altri investimenti in tema di welfare come ad esempio quello sull’istruzione dei figli. Coop può giocare un suo ruolo a partire dagli oltre 53.000 dipendenti e dalle loro famiglie, ma investire sull’istruzione con un’azione importante e concertata guidata dal Governo e sostenuta dal Parlamento può essere una solida base di ripartenza del Paese.