L’Italia è esportatrice netta di prodotti avicoli: ma se per le carni avicole fresche e congelate genera volumi importanti, per le uova la situazione è diversa. Nel 2016, secondo l’elaborazione del Crefis su dati Istat, l’Italia ha importato uova in guscio per 46,2 milioni di euro a fronte di esportazioni pari a soli 22,8 milioni, con un saldo negativo in valore pari a 23,4 milioni di euro. Se si considerano i dati relativi alle uova senza guscio, cioè quelle che hanno già subito una prima lavorazione, la situazione è opposta: le importazioni si sono fermate a 18,5 milioni di euro, mentre le esportazioni sono arrivate a 33,2 milioni, generando un saldo positivo per 14,8 milioni di euro.
Competitività recuperata
Ma il dato più interessante – considerando anche l’emergenza sanitaria che si è verificata recentemente su vari mercati europei – riguarda i flussi relativi al 2017. Nei primi cinque mesi di quest’anno, infatti, le importazioni di uova in guscio sono state pari a circa un terzo di quelle dello stesso periodo del 2016 e sono risultate inferiori alle quantità esportate: l’Italia ha esportato 9.747 tonnellate di uova in guscio mentre ne ha importate solo 9.645, con un saldo netto di 102 tonnellate. Un ulteriore recupero di competitività che ha permesso al settore avicolo di ribaltare il dato commerciale che fino allo scorso anno era decisamente peggiore. Inoltre, se si considerano i flussi commerciali di uova lavorate il dato resta positivo per ben 1.284 tonnellate: le importazioni sono state pari a 6.652 tonnellate, mentre le esportazioni hanno raggiunto le 7.936 tonnellate.