Lemonsoda, Oransoda & Co. non saranno più marchi del gruppo Campari. Il gruppo italiano ha infatti ceduto tutti i marchi dei soft drinks alla società danese Royal Unibrew (birra Ceres) per 80 milioni di euro, dopo che la società Freedea nella quale erano inseriti era stata nettata di debiti e cassa. Il controvalore totale dell’operazione corrisponde a un multiplo di circa 13 volte il margine di contribuzione (prima dei costi allocati e degli ammortamenti), relativo ai brand ceduti. Solo il Crodino non farà parte del pacchetto di brand ceduti, perchè rientra nella strategia Campari di presidiare in forze l’area dell’aperitivo, anche analcolico. Nella cessione rientra anche lo stabilimento di Crodo (VB), nonché un accordo per continuare a produrre ancora per qualche tempo determinati prodotti Campari che proprio in quel sito venivano imbottigliati.
Campari: nel 2017 cessioni di marchi per 310 milioni
La società milanese prosegue, quindi, a passo decisamente spedito nella revisione del suo portafoglio marchi ed etichette per focalizzarsi nei prodotti cui ha dato priorità, abbandonando le categorie a minore potenziale e redditività, con lo scopo di riequilibrare anche i debiti netti cresciuti molto (1,25 miliardi di euro a fine giugno 2017) negli ultimi anni per l’intensa campagna di acquisizioni che ha cambiato il volto del gruppo, rendendolo internazionale. Con i soft drink, entrati nel gruppo nel 1995, sono spariti, com’è noto, anche i vini sia italiani sia esteri e qualche liquore come nel caso di Carolans e Irish Mist, per un incasso totale di 310 milioni di euro solo per le operazioni chiuse nel 2017. Nel 2007, si ricorderà, Campari aveva chiuso anche lo stabilimento Crodo Sud di Sulmona (AQ), nel quale si producevano anche le bibite analcoliche. Per gli analisti finanziari la cessione è positiva, perchè la società incamera risorse utili al rilancio di Grand Marnier (58,9 milioni di euro il suo contributo sulle vendite del primo semestre 2017 e 14,9 milioni sull’ebitda) e ad eventuali altre acquisizioni. Non vi sono previsioni per deal importanti: piuttosto di medie o piccole dimensioni finalizzate magari a entrare direttamente in specifici mercati e avere già una piattaforma commerciale e distributiva.
Ceres si rafforza in Italia
Forse è più interessante l’ottica di Royal Unibrew, che ha nell’Italia uno dei mercati più importanti per tutto il gruppo e che entra anche in quello dei soft drinks (è già radicata in quello della birra) con una serie di marchi storici ma forse bisognosi di un rilancio. Attualmente fatturano 32,8 milioni (84,6% prodotti in Italia), con un margine di contribuzione (margine lordo dopo le spese per pubblicità e promozioni) di 6,3 milioni di euro (19,2% dei ricavi) e 530 mila ettolitri prodotti. Settantatre i dipendenti che lasceranno il gruppo Campari per spostarsi sotto la casa danese, che anche in Italia entrerà nel settore delle bibite analcoliche così come è già in altri mercati baltici che presidia. Royal Unibrew ha da anni un’importante accordo con Pepsico per la produzione e distribuzione delle sue bevande, che nel 2016 si è arricchito anche con gli snack della multinazionale americana (Lay’s, Doritos). Secondo Royal Unibrew l’acquisizione sarà accrescitiva dei propri margini complessivi in breve tempo e consentirà alla società di crescere in Italia, che nel 2016 ha riportato risultati positivi e dove la società ha allargato il numero di etichette di birra distribuite, soprattutto nel settore delle birre artigianali che sono viste in ulteriore crescita a discapito dei prodotti industriali dove le previsioni sono per una crescita molto moderata.