Per la prima volta, o quasi, la Distribuzione Moderna Organizzata (DMO) si unisce per mettere in luce il contributo economico e sociale fornito al Paese dal mondo della distribuzione e per sensibilizzare la classe politica sulla disparità di trattamento fiscale tra i negozi fisici e quelli virtuali, con conseguente alterazione delle giuste dinamiche di concorrenza. Lo fa tramite ADM, il portavoce dell’istanza, nonché strumento per arrivare ai partiti prima e al Governo poi.
DMO unita e coesa per il valore del retail
ADM è il firmatario del documento come rappresentante e co-firmatario di Federdistribuzione, Ancc-Coop e Ancd-Conad – dichiara Giorgio Santambrogio, Presidente di ADM (nella foto)-. È una delle prime volte in cui, sotto la nostra egida, tutta la distribuzione moderna italiana è così unita e coesa. Il documento dà risalto ai numeri di una ricerca, condotta con la società di consulenza EY, sul valore esteso del retail. Quando si parla di distribuzione non ci si riferisce “solo” ai supermercati, ma a un comparto molto più ampio, fatto di 60 milioni di persone che ogni settimana fanno acquisti nei negozi della DMO; di imprese italiane che rappresentano il 91,5% dei fornitori di prodotti MDD nel settore alimentare del largo consumo (tra queste il 78% è composto da piccole e medie imprese che altrimenti non avrebbero spazio sugli scaffali); di lavoratori: circa 2 milioni di italiani, il 9% dell’occupazione complessiva del Paese, che direttamente e non sono impiegati nel settore. E se è vero che l’unione fa la forza, i temi con cui i player della distribuzione tentano di entrare nell’agenda politica riguardano cinque punti chiave: la necessità di ripristinare giuste dinamiche di concorrenza; la legalità e la certezza del diritto; il rilancio dei consumi; gli investimenti e la competitività; la necessità di regole semplici e chiare.
I 5 punti del documento programmatico
Il primo monito (quello più discusso in questi giorni) chiede che siano garantite, sia a livello locale che nazionale, le stesse norme di concorrenza previste anche dalle regole comunitarie: all’atto pratico significa stesse regole e stesso regime fiscale per punti vendita fisici e virtuali, eliminazione di monopoli e l’introduzione di una concorrenza effettiva in settori come quelli dei farmaci e carburanti. Il secondo è volto a contrastare la lotta alla contraffazione, al mancato rispetto delle norme in materia di lavoro e all’evasione fiscale. Il rilancio auspicato nel terzo punto, invece, dovrebbe passare dalla scongiura definitiva dell’ipotesi di un aumento dell’IVA e dall’attivazione di misure stabili per sostenere la domanda e i consumi. Riguardo agli investimenti (punto quattro), si reclamano nuove politiche energetiche e sgravi fiscali per chi assume, con particolare attenzione al lavoro femminile e giovanile; così come incentivi per la ristrutturazione dei punti vendita e l’azzeramento dell’Imposta Regionale Attività Produttive (IRAP). L’ultimo punto, non certo per importanza, riguarda l’esortazione a semplificare il quadro normativo, con la speranza di snellire gli adempimenti di una burocrazia troppo spesso elefantiaca, accelerando l’attuazione delle leggi e armonizzando i controlli sui punti vendita compiuti da una pluralità di organismi oggi non ben coordinati tra loro. Quando ci confrontiamo con i politici – conclude Santambrogio – questi dovrebbero tenere a mente ciò che rappresentiamo: una fetta molto grande dell’economia italiana troppo spesso sottovalutata, che oggi rivendica attenzione per continuare a giocare un ruolo fondamentale nel nostro sistema Paese.