Il pomodoro è senz’altro una delle più importanti colture orticole italiane. Per la sua centralità nella dieta mediterranea, la domanda è elevata sia da parte del mercato del fresco che come materia prima per la produzione di derivati industriali. Nel 2017 la superficie coltivata a pomodoro dall’industria è stata di poco inferiore agli 80mila ettari, per una produzione complessiva destinata alla trasformazione di circa 5,2 milioni di tonnellate (di cui 2,36 realizzata al Centro-Sud e 2,84 al Nord). Nell’ultimo decennio (2007-2017) le superfici e le produzioni sono andate calando (rispettivamente del -15,5% e del -5,5%), ma con intensità e direzione altalenante. Dopo un drastico calo che nel 2013 ha portato la Sau (Superficie agricola utilizzata) al di sotto dei 70mila ettari, c’è stata una progressiva ripresa degli investimenti e anche la produzione si è stabilizzata. In questo periodo la dinamica del settore ha risentito della crescita della produzione di pomodori in molti Paesi extracomunitari (Turchia, Cina) e degli adattamenti indotti sulla filiera nazionale dalle modifiche al regime di sostegno previsto per i pomodori dalla Pac-Politica agricola comune.
Puglia ed Emilia-Romagna, le regioni più produttive
Nell’Italia settentrionale, l’industria conserviera si è sviluppata contestualmente al diffondersi del pomodoro. Nel 2017 il pomodoro da industria è stato prodotto in particolare in Emilia-Romagna (31,9%) e Lombardia (9,7%). In Emilia-Romagna la coltura è fortemente radicata nelle aziende agricole delle province di Piacenza, Parma e Ferrara. In Lombardia questa coltura si concentra in provincia di Mantova. In valori assoluti è però la Puglia che garantisce i maggiori volumi (oltre 1,7 milioni di tonnellate, 34% del totale), ottenuti prevalentemente in provincia di Foggia (nella cosiddetta ‘Capitanata’). Al Sud, anche la Campania, oltre al pomodoro da mensa (Salerno, Napoli), garantisce anche discreti volumi di pomodoro da industria (4,7%), proveniente dalle province di Caserta e Salerno.
I costi di materie prime, manodopera e macchine
In Emilia-Romagna e Lombardia, la coltura del pomodoro da industria s’è diffusa e affermata con particolare evidenza in parallelo allo sviluppo e all’evoluzione delle esigenze delle aziende conserviere. Così per esempio, la struttura dei costi medi di produzione per ettaro – riferita al pomodoro tondo da industria coltivato nella provincia di Piacenza e rilevata tramite indagine diretta (Bayer Crop Science, 2010) sulle aziende agricole – evidenzia come nelle aree dove la coltivazione di questa coltura è integralmente meccanizzata, il costo relativo all’impiego di manodopera è abbastanza contenuto (16,8%) rispetto agli altri. Le voci più rilevanti di costo sono le materie prime (piantine e fitofarmaci), che incidono per circa il 24% sulle spese complessive. In considerazione della diffusa meccanizzazione, le spese connesse all’utilizzo e alla manutenzione del parco macchine sono al terzo posto (12,7%) della struttura dei costi. L’Italia produce una gamma pressocché completa di ortaggi in grado di soddisfare pienamente per varietà e gusti la domanda di mercato. Per la maggior parte di essi la destinazione alimentare principale è il consumo fresco, ma in molti casi una quota di produzione non trascurabile è destinata alla trasformazione. L’industria delle conserve vegetali genera un giro d’affari di circa 5,5 miliardi di euro e vale circa il 4% dell’alimentare italiano (fonte, Federalimentare).