Poche cose al mondo sono più apprezzate di una buona pizza napoletana. A sancirne il valore adesso è anche l’Unesco, che ha insignito del titolo di Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità “l’arte dei pizzaiuoli napoletani”. Si tratta di un riconoscimento che conferma ancora una volta il primato italiano in campo agroalimentare, da un settore che smuove grandi numeri in tutto il mondo.
Molto più di una “semplice” margherita
il know-how culinario legato alla produzione della pizza, che comprende gesti, canzoni, espressioni visuali, gergo locale, capacità di maneggiare l’impasto della pizza, esibirsi e condividere è un indiscutibile patrimonio culturale – così si è espresso il Comitato Unesco –. I pizzaioli e i loro ospiti si impegnano in un rito sociale, in cui bancone e il forno fungono da “palcoscenico” durante il processo di produzione della pizza. Ciò si verifica in un’atmosfera conviviale che comporta scambi costanti con gli ospiti. Partendo dai quartieri poveri di Napoli, la tradizione culinaria si è profondamente radicata nella vita quotidiana della comunità. Per molti giovani praticanti, diventare pizzaiolo rappresenta anche un modo per evitare la marginalità sociale. La decisione definitiva è stata presa unanimemente dal Comitato Intergovernativo per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, nei giorni scorsi riunito sull’isola di Jeju (in Corea del Sud) dopo un iter di 8 anni. Una candidatura avanzata dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, che nel 2009 aveva iniziato a redigere il dossier con il con il supporto delle Associazioni dei pizzaioli e della Regione Campania. E non poteva esserci miglior conclusione per un percorso che, nel frattempo, ha visto la raccolta di oltre 2 milioni di firme in 100 Paesi.
Pizza: un business globale
Secondo le stime di Coldiretti, in Italia “sua maestà” la pizza genera un business di 12 miliardi di euro con 100mila lavoratori impiegati nel settore, ai quali se ne aggiungono altri 50mila part-time nel fine settimana. Ogni singolo giorno in Italia – fanno sapere da Coldiretti – si sfornano quasi 5 milioni di pizze nelle circa 63mila pizzerie e locali d’asporto, taglio e trasporto a domicilio. Esercizi in cui, durante tutto l’anno, si lavorano 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro. Ancora una volta, con il riconoscimento di tutela dell’Unesco, viene confermata la leadership italiana nello scenario enogastronomico globale: la passione per la pizza – continua la Coldiretti – è diventata planetaria, con gli americani che sono i maggiori consumatori con 13 chili a testa, mentre gli italiani guidano la classifica europea con 7,6 chili all’anno, e staccano spagnoli (4,3 kg), francesi e tedeschi (4,2 kg), britannici (4 kg), belgi (3,8 kg), portoghesi (3,6 kg) e austriaci che, con 3,3 chili di pizza pro capite annui, chiudono questa classifica. E con il verdetto dell’Unesco adesso la pizza si vede riconosciuto un valore storico e culturale comparabile a quello di monumenti e opere d’arte. Una stima importante anche in vista del 2018, proclamato anno internazionale del cibo italiano nel mondo.