Per Barilla il made in Italy resta una priorità. È quanto dimostra l’accordo biennale 2018-2019 sulla coltivazione del grano duro, le cui cifre sono eloquenti: 120.000 tonnellate all’anno di materia prima acquistate direttamente dagli agricoltori dell’Emilia Romagna, per un totale di oltre 1.000 aziende coinvolte su una superficie agricola di circa 20 mila ettari. Si tratterà di un grano “top quality” che nel raccolto del 2017 aveva già raggiunto un livello proteico del 15% (nella foto Guido Barilla).
Più valore per tutta la filiera
Questo accordo dimostra che c’è un modo virtuoso di sostenere l’agricoltura nazionale della filiera grano-pasta – afferma Luigi Ganazzoli, Responsabile Acquisti del Gruppo Barilla –. Con questi contratti di coltivazione stiamo riuscendo finalmente ad aumentare la produzione di grano duro italiano di qualità e a remunerare adeguatamente gli agricoltori, che potranno anche programmare al meglio lo sviluppo di mezzi e di risorse. Allo stesso tempo stiamo riscontrando una riduzione dell’impatto ambientale grazie alla crescita del progetto grano duro sostenibile, in linea con la nostra mission: ‘Buono per Te, Buono per il Pianeta’. Il 75% del grano acquistato dal Gruppo Barilla (90.000 tonnellate) sarà coltivato con metodi sostenibili e innovativi, grazie a un progetto realizzato in collaborazione con l’Università di Piacenza. Tra le misure “green”, la riduzione durante la fase di coltivazione delle emissioni di CO2 e dei consumi d’acqua di circa il 20%.
La spinta di Barilla alla Regione
Il grano coinvolto nell’accordo sarà per lo più costituito da varietà consigliate da Barilla (Normanno, Pigreco, Cysco, Levante), oltre alle proposte degli agricoltori tra le qualità di maggior valore. I contratti di filiera tra Barilla e la Regione Emilia Romagna hanno dato una spinta decisiva per il rilancio dell’agricoltura cerealicola regionale: dal 2006, anno di partenza dell’iniziativa, sono state implementate le capacità professionali necessarie al miglioramento della qualità del prodotto, sia in campo che nella fase di gestione e stoccaggio. Inoltre, le imprese agricole del territorio sono riuscite a spuntare in media un prezzo di acquisto del 15-20% in più rispetto a quello di mercato.