Risvegli. Come quelli raccontati dal medico e scrittore inglese Oliver Sacks nel suo omonimo bestseller, da cui è stato tratto il celebre film con Robert De Niro e Robin Williams. I dati sulle vendite del 2016 in Italia delle maggiori imprese e gruppi dell’agroalimentare rimandano alle immagini della pellicola del 1990 diretta da Penny Marshall, che ha raccontato le stupefacenti reazioni – i risvegli per l’appunto – alle terapie a base di levodopa sui pazienti caduti in uno stato di catatonia.
I risvegli dei bilanci e delle vendite
Dopo anni di sonno profondo, il 2016 ha visto un segno positivo nell’aggregato dei ricavi italiani delle società analizzate dall’Ufficio Studi di Mediobanca, che per il quattordicesimo anno ha elaborato in esclusiva per Food i bilanci delle più importanti aziende del settore alimentare e bevande presenti nel nostro Paese. I numeri si riferiscono a un insieme di oltre 350 imprese e gruppi che compongono l’ossatura del settore agroalimentare in Italia. Sono le maggiori realtà industriali e commerciali che, sommate insieme, aggregano oltre 55 miliardi di ricavi e quasi 14 miliardi di export. Un insieme che ha, quindi, buona rappresentatività per tentare di spiegare cos’è successo lo scorso anno e quali sono i trend di lungo periodo che si delineano. Ciò che emerge dai numeri aggregati del 2016 non è, quindi, l’ennesima crescita delle esportazioni, alle quali si è ormai felicemente abituati e che potrebbero toccare i 40 miliardi di euro nel 2017, considerando tutto il settore e non solo il campione Mediobanca. La vera notizia è il rimbalzo delle vendite interne, un vero e proprio risveglio dopo anni di cali di fatturato. I numeri li riassumono bene gli analisti: nel 2013 la discesa delle vendite era stata dello 0,9%, seguito da un pesante -2% nel 2014 e da un ben poco consolatorio -0,7% del 2015. Anno nel quale, peraltro, la fiducia dei consumatori calcolata dall’Istat era tornata su livelli piuttosto elevati, ma non si è tradotta in maggiori consumi alimentari, nonostante il Prodotto interno lordo avesse smesso di rotolare al ribasso per chiudere l’anno con una crescita dello 0,8 per cento.
L’effetto atteso
Crescita non è forse la parola più corretta per indicare il risultato di quell’anno, inferiore alle attese anche del Ministero dell’Economia, ma l’essere riusciti a frenare l’erosione di Pil aveva il sapore di una vittoria sul terreno, complicato, della politica economica. Il 2016 ha segnato la svolta: il fatturato Italia delle maggiori imprese agroalimentari è salito dell’1,5%, ovvero a un tasso anche maggiore del Pil, che si è fermato a +0,9%, ancora ben al di sotto di quello della media europea. C’è da restare meravigliati, perchè nel 2016 la fiducia dei consumatori è scesa per molti mesi sulla scorta di grandi questioni politiche e sociali internazionali come la Brexit e il flusso inarrestabile di migranti che hanno messo in apprensione tanti cittadini. Ma un po’ il calo della disoccupazione, un po’ la voglia di non comprimere più gli acquisti dopo anni nei quali il carrello della spesa è diventato sempre più ‘povero’, hanno prodotto l’effetto positivo che si attendeva da troppo tempo. Il tutto, giova ricordarlo, in presenza di un’inflazione nulla dei beni ad alta frequenza di acquisto, come l’alimentare. Leggi l’intera inchiesta sul numero di dicembre 2017 di Food.