Barilla non acquisterà più grano duro dagli agricoltori canadesi. Il motivo lo spiega la stessa azienda leader nella produzione di pasta con sede a Parma. Abbiamo di recente aggiornato i parametri qualitativi per questa materia prima strategica e dall’anno scorso chiediamo ai produttori di grano duro di tutti i Paesi di non usare il glifosato prima del raccolto e di garantire che eventuali valori di residui siano inferiori al limite di rilevazione. Il grano del Canada non rispetta questi nuovi limiti stringenti, seppure siano ben al di sotto di quelli di sicurezza. Lo ha annunciato la scorsa settimana a Toronto Emilio Ferrari, il direttore degli acquisti di Barilla, spiegando che al momento l’azienda non ha firmato contratti con i fornitori di grano duro del Paese nordamericano, nonostante questo ingrediente sia di una qualità eccezionale. Una buona notizia commenta Coldiretti tramite il presidente Roberto Moncalvo. Dimostra la capacità di un’azienda di rispondere alle preoccupazioni dei consumatori del nostro Paese che chiedono pasta fatta con il grano italiano e con le garanzie di sicurezza.
Da dove arriva la materia prima
Oggi il 70% del grano duro che la Barilla usa per produrre la sua pasta arriva dall’Italia e il restante 30 per cento da Usa, Francia e Australia. Il problema però è che il grano italiano non è in grado di garantire da solo la produzione di pasta, ossia 3,2 milioni di tonnellate. Perciò la società ha reso noto di aver investito 240 milioni di euro in progetti che riguardano 5mila imprese agricole italiane che coltivano una superficie di circa 65 mila ettari con un incremento del 40% dei volumi di grano duro italiano nei prossimi tre anni. Continueremo ad investire nella filiera italiana ma la produzione nazionale non basta da sola ad offrire la quantità sufficiente di grano duro della giusta qualità. Secondo Coldiretti in una situazione in cui un pacco di pasta su sette prodotto in Italia è fatto con grano canadese, si tratta di una svolta storica della principale industria pastaia del mondo in risposta alle sollecitazioni che vengono dai consumatori, i quali chiedono garanzie di sicurezza alimentare. In base a un’analisi della stessa Coldiretti su dati Istat, le importazioni di grano duro dal Canada erano crollate già nel 2017 del 39,5% in valore per un quantitativo comunque estremamente rilevate di 720 milioni di chili. A pesare, l’entrata in vigore in Italia del decreto con l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano impiegato. L’Italia può contare su un milione e 350 mila ettari di coltivazioni di grano duro, con un raccolto che sfiora i 4 miliardi e 300 milioni di chili concentrato nell’Italia meridionale, soprattutto in Puglia e Sicilia che da sole rappresentano circa il 40% del totale nazionale. Nel mondo l’Italia detiene il primato sulla produzione di pasta con 3,2 milioni di tonnellate all’anno davanti a Usa, Turchia, Brasile e Russia.