La supremazia della pasta italiana a livello globale rischia di svanire, minata dall’aggressività di competitor stranieri. Nonostante l’Italia mantenga il suo primato di produzione con 3,36 milioni di tonnellate prodotte, e risulti saldamente al primo posto anche nella classifica dell’export con 1,9 milioni di tonnellate, spicca il grande balzo in avanti fatto negli ultimi anni da altri paesi extra Ue che stanno aumentando di molto la loro capacità produttiva. Emblematico il caso della Turchia, in cui la produzione di pasta è cresciuta del 77% in soli 5 anni, passando da 850mila tonnellate ad oltre 1,5 milioni. Sono questi alcuni dei dati resi noti nei giorni scorsi a Foggia nell’ambito della due giorni dei Durum Days, evento internazionale di confronto sul mercato del grano duro organizzato da Cia, Confagricoltura, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Copagri, Aidepi, Italmopa, Compag, Crea e il supporto tecnico di Areté. Il 2017 si è chiuso con una sostanziale tenuta, ma i trend consuntivi – produzione (-0,4%), fatturato export (-0,5%) e consumi nazionali (-0,4%) – suscitano tuttavia qualche preoccupazione sulle prospettive del settore.
I primati dell’Italia
Nonostante la congiuntura negativa, l’Italia rimane forte dei suoi primati, della sua storia e della sua tradizione culturale e rappresenta ancora ad oggi il 67% della produzione europea e circa un quarto dell’intera produzione mondiale. In pratica un piatto di pasta su 4 mangiato nel mondo, e circa 3 su 4 tra quelli gustati in Europa, vengono preparati con pasta italiana. Inoltre, anche nel 2017 più del 57% di pasta italiana, pari a circa 1,9 milioni di tonnellate, è stato esportato in tutto il mondo.