L’amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, ribatte in merito allo sfruttamento del lavoro nelle campagne e alle affermazioni di chi vorrebbe addossare la responsabilità di questi fenomeni alla distribuzione e alle ‘aste a doppio ribasso’. “Si vogliono confondere le acque – afferma Pugliese – sovrapponendo due fenomeni differenti, entrambi esecrabili, ma di natura molto diversa. Il primo è quello dello sfruttamento dei migranti, a cui ricorre da tempo una parte dell’imprenditoria agricola. È vergognoso ma non vi è nulla di nuovo, purtroppo: in passato le vittime erano principalmente le donne, da qualche tempo sono gli stranieri ma si tratta sempre di persone private di diritti. Cercare i responsabili al di fuori del mondo agricolo significa giustificare implicitamente gli imprenditori della terra che ricorrono all’illegalità (peraltro a scapito di tutti gli altri) e rinunciare a combattere una piaga che invece riguarda profondamente proprio il comparto agricolo”.
PUGLIESE E LA STRATEGIA ANTI CAPORALATO DI CONAD
“Noi, come distributori – prosegue Pugliese – prevediamo per i fornitori capitolati molto stringenti sui questi temi (lavoro forzato, lavoro minorile, libertà sindacale, salute e sicurezza, ecc.) ed effettuiamo anche controlli, che sono utili ma non possono essere sufficienti. Le leggi ci sono e sono molto chiare, ma il ruolo di vigilanza e repressione spetta alle istituzioni che devono incrementare le visite ispettive. Altrimenti, accade come con l’articolo 62 sui tempi di pagamento delle forniture agricole: in assenza di controlli si manca l’obiettivo finale e si finisce con il penalizzare chi è rispettoso delle regole”.
EVITARE LE ASTE A DOPPIO RIBASSO
“Il secondo punto – quello delle aste a doppio ribasso – è invece di natura prettamente commerciale. Conad ha più volte espresso la sua contrarietà e infatti non vi partecipa. Gli imprenditori agricoli dovrebbero fare lo stesso: astenersi. Attualmente al Parlamento Europeo è in discussione una Direttiva comunitaria che sarebbe bene includesse queste aste tra le pratiche sleali nella filiera alimentare. E’ certamente un buon inizio, purché ci si ponga davvero l’obiettivo di tutelare il mondo agricolo e le piccole e medie imprese, non le grandi multinazionali del food alle quali non mancano i mezzi per imporsi”.