Bonificare i luoghi di aggregazione dei bambini – scuole, asili, parco giochi, campi sportivi, oratori – dalla pubblicità, diretta e indiretta, di alimenti con un elevato contenuto di grassi saturi, acidi grassi, zuccheri e sali liberi. Quello che comunemente si chiama junk food. A chiederlo è la Commissione Affari sociali della Camera in una risoluzione votata il 24 ottobre scorso e indirizzata al governo. Quest’ultimo dovrà impegnarsi meglio rispetto a quanto fatto finora per la prevenzione e il contrasto dell’obesità, soprattutto quella infantile e giovanile che causa tanti problemi di salute evitabili con il controllo del peso. Il testo, sorprendentemente votato all’unanimità dalla commissione, non mancherà di produrre qualche mugugno tra le aziende alimentari che producono dolci, snack e bevande analcoliche che, al contrario, dovrebbero raccogliere la sfida di rendere più virtuosi certi comportamenti alimentari dei propri piccoli consumatori.
NEL MIRINO PUBBLICITÀ E MARKETING ALIMENTARE
La raccomandazione non si ferma a chiedere di far uscire la pubblicità dai luoghi di aggregazione dei bambini, ma va ben oltre. Da un lato chiede al governo di adottare misure finalizzate a ridurre, anche sul web, l’esposizione di bambini e adolescenti a pubblicità e operazioni di marketing definite “inappropriate” (compresi i videogiochi con messaggi pubblicitari, usati anche dalle aziende alimentari). Dall’altro sollecita lo sviluppo di politiche di ‘contenimento’ del marketing alimentare sui bambini, con la predisposizione di misure che proteggano l’interesse pubblico, corredate dalla definizione di sanzioni per comportamenti promozionali lesivi della salute. In particolare dei bambini, il che richiederà tra l’altro un sistema per la “notifica di reclami” di chi non seguirà le norme. Sì anche alle iniziative per stimolare l’industria alimentare a studiare una adeguata porzionatura dei prodotti per l’infanzia e l’adolescenza, “tenuto conto che è il contenuto calorico globale quello che può indurre all’obesità”.
L’ESEMPIO DEL REGNO UNITO
Se realizzato, sarà un intervento molto incisivo, quindi, nei confronti delle aziende alimentari specializzate nei prodotti per i consumatori più piccoli. Ma che tiene anche conto degli studi che evidenziano come i bambini assorbano molto i messaggi pubblicitari. Proprio per questo motivo nel Regno Unito, dove è in vigore anche il sistema a semaforo per i prodotti venduti in GDO, dal 2005 sono state introdotte limitazioni alla pubblicità in televisione per il junk food durante i programmi per bambini sotto i 16 anni, mentre in Spagna e in Norvegia le imprese alimentari si sono autoregolamentate.
ATTENZIONE ALLA DIDATTICA
L’esortazione va anche oltre l’introduzione di limiti alla possibilità di pubblicizzare certi alimenti ritenuti poco sani. La richiesta al governo è di spingere sui percorsi didattici per migliorare l’alimentazione, favorendo il consumo di prodotti tipici, biologici e a chilometro zero; di incentivare i programmi sportivi e di movimento; di intraprendere tutte le misure per la protezione dell’allattamento al seno materno, per sei mesi esclusivo e fino a due anni complementare; di promuovere campagne di sensibilizzazione stampa sulla corretta alimentazione; di dare corpo a un vero e proprio piano di prevenzione e cura dell’obesità recependo l’Action Plan on Childhood Obesity 2014-2020 redatto dall’Unione Europea.
IL PROBLEMA DELL’OBESITÀ INFANTILE
Il sottosegretario al Ministero della Salute Armando Bartolazzi ha dato parere positivo alla risoluzione, votata sia dalla maggioranza sia dall’opposizione, che hanno mediato per raggiungere un testo unico partendo da tre versioni. Bartolazzi ha fatto presente che il governo è ben cosciente dei guasti dell’obesità infantile (si stima che nel 66% dei casi non regredisca in età adulta e anzi si aggravi talvolta), solo leggermente diminuita negli ultimi anni in Italia, nazione fanalino di coda nel Mediterraneo per quanto riguarda le sfide nutrizionali da vincere per migliorare la salute. A sottolinearlo è una ricerca condotta dall’Economist Intelligence Unit e dal Barilla Center for Food & Nutrition.