Che i social influenzassero i consumi lo sapevamo già. Che stimolassero l’egopower del consumatore, spingendolo a mettere nel carrello della spesa soprattutto prodotti capaci di gratificarlo, l’ha messo nero su bianco un’interessante ricerca realizzata dal Censis in collaborazione con Conad e recentemente presentata a Milano nel corso di un convegno dal titolo emblematico: ‘Miti dei consumi, consumo dei miti. L’immaginario collettivo motore di benessere e crescita economica’.
AUTOSTIMA, SOCIAL E CONSUMI
L’orientamento oggi prevalente nei consumi è quello di comprare i prodotti che fanno stare bene – si legge nel rapporto –, che consentono al consumatore di dire qualcosa di sé e che lo gratificano nella convinzione che, tramite quei consumi, può rendere il mondo migliore. Ecco perché crescono prodotti ‘free from’, per esempio quelli senza lattosio (+8,5% in valore nel periodo gennaio-agosto 2017-2018 nei punti vendita Conad, di cui +94,3% i formaggi grana), i prodotti con farine benessere a base di cereali superfood (+3,1% nelle stesso periodo, di cui la pasta vegetale +30,2% e i biscotti +11,5%), gli integratori (+3,3%, di cui gli antiossidanti +19,5% e le vitamine e i minerali +12,3%). Sono i consumi dell’io che vuole bene a se stesso. Rientrano nella categoria i prodotti biologici (+8% nello stesso periodo, di cui le bevande +23,8% e l’ortofrutta +17,2%) che non solo fanno bene alla salute, ma dichiarando di ‘far bene’ anche all’ambiente appagano l’autostima di chi li compra e contribuiscono a raccontare attraverso il consumo qualcosa di sé. Stesso discorso per i prodotti certificati, che non a caso registrano un vero e proprio boom: i vini Doc e Docg italiani biologici (+27,8% nello stesso periodo) e i vini Igp e Igt italiani biologici (+26,1%), ovvero prodotti capaci di veicolare il doppio messaggio: “Io mi voglio bene” e “amo i prodotti italiani”. Crescono, insomma, i consumi che migliorano la qualità della vita, che fanno raccontare agli altri qualcosa di noi, che ci convincono che possiamo dare un contributo concreto a migliorare il mondo in cui viviamo.
LA RECESSIONE GIÀ ‘METABOLIZZATA’
Un trend, quello di aumentare il livello di gratificazione personale, che prende le mosse dalla convinzione generalizzata che la società non sia più un luogo accogliente, ricco di opportunità, ma piuttosto ostile, respingente. Da qui il ripiegamento su se stessi (con consumi gratificanti) e sulla propria cerchia di ‘amici’ che viene compulsivamente coltivata sui social network. Da qui anche la scarsa fiducia che frena spesa e investimenti. Il 70,5% degli italiani è convinto che nei prossimi dodici mesi non potrà spendere di più per i consumi – ricorda la ricerca –. E questo in un contesto in cui il potere d’acquisto delle famiglie è basso e non è ancora tornato ai livelli pre-crisi: -6,3% nel 2017 rispetto al 2008. I consumi sono in affanno: -2% nello stesso periodo. E i soldi restano fermi: la liquidità è aumentata del 17,1% nel periodo 2008-2018. Insomma, che siamo in recessione gli italiani lo sanno. E i loro atteggiamenti di consumo lo dimostrano ampiamente. Come invertire la rotta? Tra i tanti spunti emersi dal dibattito, tre le indicazioni sulle quali riflettere: ricominciare a far circolare qualche messaggio positivo per aiutare gli italiani a essere più ottimisti verso un futuro che sta a loro costruire; uscire da quell’eccesso di individualismo che ha messo in secondo piano l’importanza della comunità e della condivisione; ridare il giusto valore alle competenze, per ripristinare una meritocrazia sociale che, ancora una volta, incoraggerebbe uno sguardo positivo sul futuro.