“Non è più possibile separare il prodotto italiano dal suo modello e dalle sue radici”. A sottolinearlo, in occasione del lancio della campagna ‘Io sto con il Made in Italy’, organizzato martedì scorso con la Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, è stato Luigi Scordamaglia, presidente di Filiera Italia, organizzazione che riunisce primarie realtà italiane dell’agroalimentare. “Oggi più che mai il modello di filiera di valorizzazione di tutto quello che sta a monte del prodotto rappresenta il futuro, non solo per il settore agroalimentare, ma per tutti quelli vincenti del nostro Paese” ha aggiunto Scordamaglia. “Nessuna azienda alimentare italiana per quanto grande prescinde dal territorio in cui è nata e questo le conferisce un valore aggiunto che i (spesso giganti) concorrenti mondiali non potranno mai avere”. Da qui la richiesta di una legge europea che valorizzi e difenda il Made in Italy.
CONTRO L’ITALIAN SOUNDING
L’obiettivo è contrastare l’Italian sounding “che ruba al nostro Paese oltre 300.000 posti di lavoro, anche quando a farlo sono aziende operanti in Italia che omettono lo stabilimento di produzione in etichetta o dichiarano di fare Made in Italy producendo all’estero. Oltre che nella qualità l’Italia deve diventare leader mondiale e modello nella trasparenza in etichetta – va avanti Scordamaglia – spiegando al consumatore che scegliendo italiano si fa il bene del Paese, spiegando la differenza di valore e prezzo del prodotto e favorendo con contratti di filiera tra produttori e trasformatori l’aumento dell’efficienza produttiva e garantendo le due parti da drammatiche oscillazioni di prezzo”. L’esempio sono i recenti accordi di filiera sottoscritti nel settore carne bovina, pomodoro, grano con Coldiretti.
L’EXPORT MADE IN ITALY
L’export alimentare ha registrato un incremento dell’81% rispetto ai valori pre-crisi (2007), contro il +29% del totale industria. Oltre 42 miliardi sui 200 fatturati dal settore agroalimentare nel 2018 provengono dall’export. Sono i numeri forniti dal presidente di Federalimentare, Ivano Vacondio, durante il convegno. “Vista la perdurante stagnazione interna, l’industria alimentare italiana deve puntare sulla promozione del Made in Italy all’estero, che rappresenta nel breve periodo l’unico modo per reagire al calo della domanda interna. Le nostre imprese hanno capito bene questa esigenza: la propensione all’esportazione – cioè il rapporto tra la quota esportata e il fatturato totale – per l’industria alimentare ha raggiunto nel 2018 il 23,5%, un incremento di 10 punti percentuali rispetto alle incidenze export-fatturato registrate all’inizio del decennio scorso”.
PROMOZIONE ALL’ESTERO
“Questi sono numeri che ci indicano quanto sia importante puntare sulla promozione del Made in Italy all’estero, dove il nostro patrimonio enogastronomico è riconosciuto senza pari al mondo. E non solo per la bontà e la genuinità dei prodotti, ma anche perché il nostro cibo è garanzia di sicurezza e salubrità, fattori centrali di competitività. Il saper fare italiano – ha concluso Vacondio – è diventato negli anni un vero e proprio brand e non è un caso se fuori dall’Italia la locuzione ‘Made in Italy’ viene associata a valori come bellezza, passione, creatività, lusso, cultura e qualità”.