Sembrava tutto deciso per il delisting Parmalat, ma in piena ‘zona Cesarini’ il Tar del Lazio ha bloccato le manovre e l’addio alla Borsa della società parmigiana è saltato. Con buona pace di Lactalis che anche in questo secondo affondo non è riuscita a portare a casa l’obiettivo, almeno per il momento. Se potrà averla vinta lo si saprà dopo il 26 marzo, quando il tribunale amministrativo entrerà nel merito delle questioni sollevate da Citigroup, il colosso bancario americano che ha chiesto e ottenuto questa sospensione del delisting nelle more della camera di consiglio.
LE RICHIESTE DI CITIGROUP
Citigroup sostiene, sulla base di una sentenza di un tribunale del New Jersey confermata nella sua validità anche dalla Corte d’Appello di Bologna, di essere creditrice di Parmalat, la quale dovrebbe indennizzarla con 347 milioni di euro da saldare con un equivalente numero di azioni che valgono poco meno di un miliardo di euro al prezzo (2,85 euro) al quale lo scorso dicembre la società veicolo Sofil ha acquisito il pacchetto di titoli dal fondo Amber (e altri) che ha dato il la alle operazioni di delisting, poi stoppate.
LE PROSSIME MOSSE
Su questa vicenda legale pende la decisione della Cassazione, che potrebbe mettere la parola fine a questo lungo braccio di ferro, nato oltre 10 anni fa e sulla quale le due parti non hanno finora trovato un accordo. Quel che ha chiesto Citigroup al Tar è di sospendere il delisting perché, nel caso ottenesse il diritto a ricevere le azioni, non potrebbe facilmente ed equamente liquidarle con la società non più quotata. Una bella grana per Parmalat, perché questo contenzioso potrebbe ritardare, o forse evitare, il riassetto del gruppo in Italia tanto agognato. Sarebbe disposta, infatti, la società francese a tirare fuori un altro miliardo per liquidare anche la banca americana e delistare finalmente il gruppo? Sindacati e politica hanno già alzato l’attenzione su questa vicenda: il gruppo di Collecchio è infatti una società simbolo del tessuto economico italiano.
PARMALAT E I TIMORI DELLA POLITICA
Lo scorso 20 febbraio, ad esempio, il vice ministro dello Sviluppo economico Dario Galli ha risposto a un’interrogazione del deputato del Partito democratico Gianluca Benamati, firmata anche dall’onorevole del Pd Sara Moretto che nasce dalla preoccupazione per le sorti degli stabilimenti e, di conseguenza, anche per la sorte dei circa 5.000 lavoratori impiegati tra Parmalat e Galbani. Proprio la Moretto ha ricordato che “l’azienda francese Lactalis, che ha acquisito il controllo del gruppo, ha intrapreso una fase di riorganizzazione che prevede il trasferimento della funzione strategica in Francia, spostandola quindi dal territorio parmense al quale la Parmalat è storicamente legata” e si chiede, quindi, “se il Ministro dello Sviluppo economico intenda convocare l’azienda e aprire un tavolo sulla questione, anche con la partecipazione delle parti sindacali”. Dal ministero, per bocca di Galli, c’è disponibilità “ad aprire un tavolo di confronto con i soggetti coinvolti, al fine di conoscere gli orientamenti dell’azienda e, qualora fosse necessario, di intervenire per contrastare la perdita della gestione di una così importante realtà del settore agroalimentare del nostro Paese”.
DE CASTRO E BENIFEI: “NO A SMOBILITAZIONE DA COLLECCHIO”
“La società Parmalat di Collecchio, leader mondiale nella produzione e distribuzione di latte e di prodotti lattiero caseari, trae la sua identità dal territorio in cui si è sviluppata, nella filiera alimentare dell’Emilia Romagna e della Lombardia. Per questo chiediamo alla Commissione Europea se c’è fondatezza giuridica nella decisione del gruppo francese Lactalis, che controlla la società dal 2011, di trasferire Oltralpe il management e le funzioni strategiche e di supervisione di Lactalis Italia”. Così gli eurodeputati Pd Paolo De Castro, primo vice presidente della commissione Agricoltura del Parlamento europeo, e Brando Benifei, membro della Commissione Occupazione e Affari Sociali, nell’interrogazione presentata all’Esecutivo UE al fine di tutelare i circa 2.000 dipendenti potenzialmente interessati a questa riorganizzazione e le loro famiglie, e portare risposte concrete alle rappresentanze sindacali sull’indipendenza formale della Parmalat SpA. In particolare, dando seguito a quanto già fatto a livello nazionale dal deputato Pd del collegio di Parma, Andrea Orlando, e dal Presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, si chiede alla Commissione UE, spiegano gli eurodeputati: “Se sia a conoscenza del piano industriale del gruppo Lactalis di riorganizzazione della Parmalat. Se gli obblighi d’informazione e consultazione dei lavoratori, come imposto dal quadro normativo UE, siano stati formalmente rispettati da Lactalis e soprattutto come intenda garantire che il marchio continui a mantenere il proprio radicamento con il territorio di Parma, dal quale deriva e al quale è indissolubilmente legato il successo dei prodotti Parmalat”.