Ieri sera sulla terza rete Rai, il programma Report ha trasmesso il servizio denominato “La porcata”, dedicato alla frode alimentare che ha coinvolto i prosciutti di Parma e San Daniele, secondo la quale furono immessi in commercio prosciutti Dop che non rispettavano il disciplinare. Un’indagine condotta dalle procure di Torino e di Pordenone ha accertato che nella filiera di questi due prosciutti sarebbe stata usata carne di maiali non ammessi dal disciplinare. Circa un milione di prosciutti sono stati sequestrati dagli inquirenti. In totale i prosciutti a cui è stato revocato il marchio Dop sono circa il 20 per cento della produzione annua di Parma e San Daniele.
L’inchiesta di Report ha stabilito che la frode sarebbe ancora in essere, mentre a Torino si è svolto un processo per i prodotti Dop confezionati con carni provenienti da maiali fecondati con il seme di suini danesi in violazione del disciplinare. Il processo ha generato dieci patteggiamenti, tre richieste di messa alla prova, e un proscioglimento: il Pm Vincenzo Pacileo ha contestato la frode in commercio aggravata. La pena più elevata è stata di quattordici mesi di reclusione con la condizionale. L’inchiesta, estesa in tutto il Nord Italia, aveva portato gli inquirenti a circa duecento iscrizioni nel registro degli indagati.
La questione riguardava la messa in commercio di “decine di migliaia di suinetti” destinati ai prodotti italiani Dop (dal San Daniele al Parma e al Crudo di Cuneo) attraverso “l’uso di genetica non consentita dai disciplinari”. In particolare si parla di semi provenienti da esemplari delle razze Duroc Danese e Large White Danese, considerate “più performanti di quelle consentite in termini di rapidità di accrescimento”. I fatti si svolsero tra l’aprile del 2014, quando nacquero i primi suinetti, al febbraio del 2017. Sono ancora in corso inchieste sugli istituti preposti a controllare e far rispettare i disciplinari (dove i controllori sarebbero in conflitto d’ interesse con i controllati) sia per il Parma sia per il San Daniele.
Altre inchieste riguardano invece gli allevamenti di suini e il benessere animale: Report ha trasmesso scene riprese di notte e senza autorizzazione, che testimoniano però come alcuni allevatori senza scrupoli taglino le code ai suini, come le norme di igiene non vengano rispettate e come siano somministrati ai suini trattamenti non permessi. Insomma, una tegola che cade in un momento non felice per i prosciutti e in particolar modo per il Parma, come abbiamo avuto modo di descrivere nei due editoriali pubblicati nei giorni scorsi.
Alcune considerazioni. I controlli del Ministero funzionano, anche se troppo in ritardo e spesso con troppi veterinari che non fanno bene il loro mestiere. Inoltre, tutta la filiera dev’essere considerata responsabile quando si registrano situazioni come queste: dai consumatori alla distribuzione, dai macelli agli allevatori fino agli istituti preposti ai controlli. Tutti sapevano, ma per ignoranza e furbizia giustificavano il fenomeno. I consumatori vogliono prosciutti sempre più magri, la distribuzione acquista salumi a prezzi sempre più bassi, i salumifici, gli allevatori e i macelli immettono sul mercato prodotti sempre meno cari e fatti in fretta senza rispettare i capitolati. Anche tutto il mondo della comunicazione però ha le sue responsabilità: spesso si scrivono notizie e si trasmettono servizi televisivi scandalistici per fare audience, facendo di tutta l’erba un fascio, senza mai evidenziare chi, in ogni comparto, svolge il proprio lavoro con passione, impegno e serietà, commercializzando prodotti di alta qualità e salvaguardando anche il benessere animale. E si tratta della stragrande maggioranza degli operatori agricoli, industriali e commerciali.
Noi di Food, che ci occupiamo del comparto da trent’anni, possiamo confermare che il settore è composto da imprenditori seri e responsabili. Se qualcuno di loro ha sbagliato sarà la Procura a stabilirlo e a condannarlo. Ma il comparto nel suo complesso non va demonizzato e rovinato, perché sul mercato si producono e si commercializzano prodotti eccellenti che sono il vanto della nostra economia, molto apprezzati dai consumatori italiani e stranieri che non vanno ingannati, bensì informati in modo trasparente e corretto. Dallo scandalo della mucca pazza a quello del vino al metanolo per arrivare ai prodotti bio che non sono bio, siamo usciti da ogni emergenza migliorando la produzione e i controlli. Dobbiamo uscire anche da questo scandalo con la consapevolezza che va monitorata meglio la filiera: i controllori, i controlli e i controllati. Se costa di più produrre i salumi, non bisogna mai scendere a compromessi. Basta venderli a prezzi più alti. Altrimenti, prima o poi i nodi vengono al pettine.
Paolo Dalcò