Sono aumentate del 7,5% in Italia le importazioni di olio extravergine di oliva, provenienti per quasi tre quarti dalla Spagna, secondo quanto emerge da un’analisi della Coldiretti. Il motivo è la Xylella, che da alcuni anni ha duramente colpito la Puglia – da cui proviene quasi il 50% dell’olio d’oliva prodotto in Italia – facendo strage di ulivi.
I DANNI DELLA XYLELLA SI ABBATTONO SULLA FILIERA
Nel 2019 si dovrà dire addio a 6 bottiglie di extravergine Made in Italy su 10 sugli scaffali dei supermercati, per effetto del crollo del 57% della produzione che scende ad appena 185 milioni di litri. Per la prima volta nella storia, la produzione nazionale è inferiore a quella di Grecia e Marocco, si avvicina a quella della Turchia mentre la Spagna allunga la distanza con ben 1,6 miliardi di litri e raggiunge un quantitativo superiore di quasi nove volte. “Senza interventi strutturali l’Italia – precisa la Coldiretti – rischia di perdere per sempre la possibilità di consumare extravergine nazionale con effetti disastrosi sull’economia, il lavoro, la salute e sul paesaggio”.
IL PIANO OLIVICOLO NAZIONALE
“In questo scenario, per rimanere competitivi e non essere condannati all’irrilevanza in un settore fondamentale per il Made in Italy deve partire al più presto il Piano olivicolo nazionale per rilanciare il settore con una strategia nazionale e investimenti adeguati, anche per realizzare nuovi impianti, così come è stato fatto da altri Paesi nostri concorrenti” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
Si tratta di “potenziare una filiera che coinvolge oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia e che può contare sul maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa (43 DOP e 4 IGP) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive, il più vasto tesoro di biodiversità del mondo” continua Prandini.
PROPOSTE IN SEDE UE
Per questo Coldiretti ha proposto, a livello di Parlamento Europeo, sostegno finanziario alla Politica agricola comunitaria (Pac) oltre all’etichettatura di origine “che deve essere obbligatoria e ben visibile nelle confezioni. Negli accordi commerciali dell’Unione Europea – conclude Prandini – dobbiamo garantire che i prodotti importati in Europa rispettino quelle garanzie di sostenibilità e salubrità che sono richieste ai prodotti fatti nell’UE”.