Lo sviluppo strategico del prodotto e il marketing sono essenziali per conquistare la fiducia dei consumatori, e la clean label gioca ormai un ruolo fondamentale. A ribadirlo è uno studio comportamentale di InsightsNow, che ha sondato un panel di consumatori americani in merito a percezione dei prodotti alimentari, sicurezza e modalità per aumentare la fiducia al momento di fare la spesa.
Ma cosa viene percepito come clean label, e cosa no, da parte dei consumatori? “Ci sono ancora troppi modi per etichettare lo stesso ingrediente” – sottolinea Greg Stucky, Direttore del settore ricerca di InsightsNow. Un esempio lampante è rappresentato dal sale. Sul mercato si trovano sale, sale marino, sale marino affumicato, sodio e cloruro di sodio. Il sale marino è ampiamente accettato come clean label dal Clean Label Score di InsightNow, un sistema di valutazione che valuta la reazione di una persona ad un ingrediente. I dati mostrano però che la dicitura ‘sale marino affumicato’ ha contribuito a far diminuire il suo punteggio, così come capita con tutti i termini di origine chimica associabili ad un prodotto.
CLEAN LABEL, UN MERCATO IN ESPANSIONE
Un’azienda può sempre avere bisogno di modificare leggermente i propri prodotti, al fine di accrescerne l’appeal agli occhi della clientela – e di conseguenza le vendite. Del resto, il mercato delle clean label è in forte ascesa in questo momento. Secondo Euromonitor le vendite globali di prodotti di questo genere dovrebbero raggiungere i 180 miliardi di dollari entro il 2020.
Le grandi aziende alimentari stanno apportando modifiche significative a molti prodotti del loro portafoglio per rispecchiare meglio questa tendenza. Nestlé, Campbell Soup e Danone hanno sostituito vari ingredienti con altri più facilmente riconoscibili e ‘pronunciabili’. C’è chi sostiene che per i grandi marchi questo percorso sia più semplice, poiché dispongono delle risorse necessarie. In realtà, le grandi aziende devono affrontare non solo le potenziali perdite derivanti dalla modifica di prodotti molto noti, ma anche il rischio di una perdita di fiducia da parte dei consumatori.
IL VANTAGGIO DELLE STARTUP
I ‘piccoli’ produttori alimentari sono riusciti a detronizzare i grandi in alcune aree perché sono visti sotto una luce più favorevole dai consumatori. Inoltre, riescono a creare e distribuire prodotti senza troppi intoppi burocratici. Chobani, Beyond Meat, Impossible Foods e Halo Top sono gli esempi più evidenti di aziende che sembrano uscire dal nulla per arrivare a dominare in breve tempo i rispettivi segmenti di mercato – salvo assistere dopo poco ad una rincorsa con offerte simili da parte delle grandi aziende alimentari. In base allo studio infatti i consumatori hanno meno probabilità di credere ai claim dei marchi più grandi quando si parla di prodotti “freschi, puliti, autentici o naturali”. A meno che questi non ricorrano a certificazioni (come OGM-free o senza glutine) o verifiche di terze parti: in tal caso sono considerati affidabili tanto quanto i piccoli.
“L’acquisto di prodotti caratterizzati da clean label e ingredienti ‘puliti’, o biologici, dipende da una forte componente emotiva, radicata nei comportamenti delle persone”, sostiene Stucky. “Il modo in cui si costruisce il prodotto, la presenza o l’assenza di un ingrediente in etichetta, il posizionamento sulla base del marketing sono tutti elementi che stanno cambiando profondamente la possibilità che un consumatore percepisca un’etichetta come ‘clean’ oppure no”.