L’ottimismo degli analisti di Barclays e di quanti analizzano i settori della carne coltivata in laboratorio e di quella a base vegetale deriva probabilmente dalle recenti performance di Beyond Foods in Borsa. Il produttore del Beyond Burger ha infatti chiuso il suo primo giorno di negoziazioni con un’impennata delle azioni del 160% al di sopra del prezzo iniziale, e MarketWatch ha riferito che la scorsa settimana era superiore del 218%.
Beyond Foods è stato il primo produttore di alimenti a base vegetale a quotarsi, ma probabilmente non sarà l’ultimo. Uno dei suoi concorrenti, Impossible Foods, ha recentemente raccolto altri 300 milioni di dollari – per un totale di circa 775 milioni in cinque round di finanziamento – e potrebbe annunciare una mossa analoga a breve.
BURGER KING, IMPOSSIBLE FOODS E IL TEST DELL’IMPOSSIBLE WHOPPER
Due mesi fa Burger King, in collaborazione con la startup californiana Impossible Foods, aveva lanciato un test ‘alla cieca’ con l’Impossible Whopper, in 59 ristoranti nei dintorni di St. Louis. L’Impossible Burger ha, in tutto e per tutto, aspetto, sapore e consistenza della carne vera, sanguina e sviluppa la reazione di Maillard esattamente come i comuni hamburger di carne bovina. Sfruttando il clamore suscitato dalla notizia del test alla cieca – che ha avuto esiti notevoli in termini di gradimento da parte dei consumatori – entro la fine del 2019 il plant based burger di Impossible Foods sarà distribuito su scala nazionale negli USA, nei 7.200 ristoranti della catena, a 5,49 $. Un dollaro in più del Whopper tradizionale.
UN MERCATO IN ESPANSIONE
Il mercato della carne coltivata e a base vegetale ultimamente si è espanso ad un ritmo impressionante, e non solo negli Stati Uniti. Secondo i dati Nielsen, le vendite sono aumentate del 42% tra marzo 2016 e marzo 2019, sfiorando i 9 miliardi di dollari. Il tasso annuo di crescita per la sola carne plant based nel 2018 è stato del 24% (nel 2017 la crescita era stata del 6%). Nello stesso periodo, le vendite di carne ‘convenzionale’ sono aumentate solo dell’1% (fino a 85 miliardi di dollari).
Le aziende produttrici sottolineano spesso che i loro prodotti utilizzano meno risorse – acqua, carburante, mangimi e terreni coltivabili – rispetto agli allevamenti tradizionali. Recentemente, Impossible Foods ha commissionato una valutazione scientifica del ciclo di vita sull’ultima formulazione del suo Impossible Burger, dimostrando che l’impronta di carbonio dell’hamburger a base vegetale è inferiore dell’89% rispetto a quello di carne bovina.
Per non perdere quote di mercato, presenti e potenziali, alcuni produttori tradizionali hanno investito nel nuovo trend. Uno è Tyson Foods – tra le prime a intraprendere il percorso per passare da ‘meat’ a ‘protein’ company – che ha venduto la sua quota in Beyond Meat e prevede di lanciare entro l’estate prodotti proteici senza carne. Nestlé invece lancerà il suo Garden Gourmet Incredible Burger in Europa questa primavera, e poco dopo negli Stati Uniti. Una tendenza che sembra destinata a continuare, anche se al momento i prodotti a base di carne coltivata prendono piede molto più lentamente rispetto a quelli a base vegetale.
L’ITALIA E IL ‘POLLO VEGETALE’
La proposta di prodotti plant-based del resto continua a crescere, anche in Europa. Food Evolution è la linea creata da Joy Food SrL, start up di Piegaro (Perugia) che propone l’impossible chicken, o ‘pollo vegetale’. Nessun ingrediente bio-ingegnerizzato sui modelli di Impossible Foods; la gamma Food Evolution si basa su proteine della soia, fibre vegetali, olio di girasole, aromi, spezie ed erbe aromatiche. Il segreto è tutto nella tecnologia utilizzata. Da 8 prodotti (3 ricette vegane e 5 vegetariane) la linea è stata ristretta ai soli vegani, data la maggior richiesta. Si tratta di straccetti gusto pollo, bastoncini gusto manzo, dadini gusto pancetta: non fritti ed esclusivamente a base vegetale.
L’obiettivo, in Italia come negli Stati Uniti, è la conquista dei consumatori alla ricerca di alternative vegetali ‘di seconda generazione’. Né vegani né vegetariani – l’appellativo più comune è quello di ‘flexitariani’ – attenti alla salute e all’ambiente, preoccupati dagli effetti dell’allevamento intensivo ma non per questo disposti a rinunciare del tutto alla carne. O a qualcosa che le assomigli talmente tanto da risultare indistinguibile al palato.