Lunedì 9 marzo la Borsa italiana ha vissuto una delle peggiori sedute della sua storia. L’indice Ftse Mib, quello che raccoglie i 40 titoli più importanti, ha terminato la propria giornata in calo di oltre l’11%: una performance che si è vista solo durante la crisi del 2008. Che fu, al contrario di questa, una crisi prettamente finanziaria e che trovò il proprio – disastroso – sfogo proprio nei tonfi ripetuti delle borse, che tutti gli osservatori dei mercati finanziari ben ricordano. Qui i crolli, e quello di questo lunedì nero è arrivato dopo giornate già molto pesanti, sono il frutto soprattutto della situazione sanitaria che si è venuta a creare a livello internazionale per l’epidemia di Coronavirus Covid-19, cui si sono aggiunte altre concause come la guerra petrolifera tra Russia e Arabia Saudita, che è politicamente vicina agli Stati Uniti. Lunedì nero a parte, cos’è successo ai titoli italiani del settore food & beverage in questi difficilissimi periodi di epidemia che ha avuto in Italia un andamento particolarmente virulento? Ecco la situazione a distanza di un mese dalla presa di coscienza degli operatori finanziari sull’epidemia, che manderà probabilmente in recessione l’Italia che si sta fermando per evitare che i contagi siano ingestibili dal sistema sanitario già messo a durissima prova. L’andamento del gruppetto di titoli di settore è stato assolutamente uniforme nel segno, che per tutti è stato quello meno, ma con differenze anche marcate.
NEWLAT E GLI ACCAPARRAMENTI DI PASTA
Il titolo che, sul listino principale, ha meglio resistito a questa valanga di vendite è Newlat, l’ultima matricola di Piazza Affari, arrivata sul listino lo scorso ottobre che ha perso, al 10 marzo, circa il 15% del proprio valore nell’ultimo mese. La società controllata dalla famiglia Mastrolia ha resistito meglio di altre probabilmente perché opera commercialmente in categorie che sono state premiate dagli acquisti in questi giorni, come la pasta per esempio, oggetto di veri accaparramenti nei supermercati soprattutto – ma non solo – del Nord Italia. La società ha fatto sapere che il fatturato del bimestre gennaio – febbraio è cresciuto del +2% in Italia (52% del fatturato) e del +3% in Germania (28% del fatturato), e nella prima settimana di marzo è addirittura esploso, con un +32% sullo stesso periodo dello scorso anno. Inoltre le vendite foodservice, messe a dura prova dalla chiusura dei locali, pesano solo per il 3-4% del totale.
STOP AGLI SPOSTAMENTI, AUTOGRILL CROLLA
All’estremo opposto si trova Autogrill, con un calo del 43% circa in un mese, fino ad avvicinarsi molto ai 5,2 euro. Un vero tracollo che sta mettendo a dura prova il gruppo della famiglia Benetton, già impegnato anche sul fronte Autostrade. E sembra essere proprio questo il nodo: l’epidemia mondiale sta riducendo molto sia gli spostamenti interni autostradali e non, come effetto dei vari decreti governativi, sia quelli – soprattutto internazionali – via aereo e la società è quasi totalmente esposta al cosiddetto ‘travel retail’, che sta subendo un crollo verticale delle presenze. Va da sé che gli investitori si attendano risultati pessimi per la prima parte del 2020.
CAMPARI IN CALO, IWB FA ADDIRITTURA SHOPPING
Campari, la maggiore società quotata del settore in Italia per capitalizzazione, ha perso un quarto del suo valore in borsa (ora vale all’incirca 6,8 euro), peraltro dopo aver dato risultati 2019 piuttosto confortanti che hanno portato anche a un aumento del dividendo del 10% rispetto all’esercizio 2018, ora a quota 0,055 euro. Con i locali pubblici che in Italia sono sottoposti a restrizioni, e con l’attenzione sempre più spasmodica degli italiani ai beni di prima necessità, certamente i superalcolici non saranno in cima alla lista della spesa, dato che poi la quarantena forzata annulla ogni possibilità di socialità. L’Italia è il secondo mercato del gruppo, dietro solo agli Stati Uniti che al momento non manifestano problemi di questo tipo. Ma l’allargarsi dell’epidemia in Europa, in mercati come Germania e Francia dove la società è ben presente, potrebbe mettere a rischio anche i fatturati oltre le Alpi. Restando nel settore degli alcolici, e sentitamente del vino, Masi agricola, produttrice di amarone e prosecco quotato sul mercato Aim (piccole società), ha ceduto oltre il 20% del proprio valore nell’ultimo mese, aggravando peraltro un trend che era già negativo nell’ultimo anno. La società ha riportato risultati 2019 non entusiasmanti, con i ricavi stabili e l’utile netto in calo del 40 per cento. Nel commentare gli ultimi avvenimenti, la società ha segnalato che il coronavirus potrebbe avere impatti sull’esercizio 2020. Per la Italian Wine Brands (Iwb), quotata anch’essa sull’Aim, il calo è stato, invece, contenuto entro il 5 per cento dimostrandosi la migliore del lotto. La società, che deve ancora presentare i dati del 2019, in piena crisi da Coronavirus ha acquisito per 14,4 milioni di franchi svizzeri il 100% dell’entità elvetica Raphael Dal Bo AG, che controlla Raphael Dal Bo di Valdobbiadene diventando così uno dei più importanti distributori di bollicine biologiche.
LONGINO & CARDENAL RESISTE AL BLOCCO DELL’HORECA
I due distributori di prodotti al settore della ristorazione – horeca, che sappiamo essere molto colpito dai decreti per il coronavirus che ne hanno ordinato la chiusura dopo le 18, ovvero la Marr del gruppo Cremonini che è quotata sul listino principale e la Longino & Cardenal sull’Aim, hanno avuto performance sostanzialmente diverse. Il mercato ha penalizzato maggiormente Marr, che ha ceduto oltre il 25% fino a quota 14,4 euro mentre la piccola e specializzata Longino, che distribuisce prodotti di nicchia e di lusso, ha ceduto meno del 10 per cento. Le altre società dell’alimentare, quali per esempio Valsoia, Centrale del Latte d’Italia, La Doria, Bioera, Orsero, Massimo Zanetti Beverage Group, hanno ceduto tra il 20 e il 30 per cento, subendo l’ondata dei ribassi.