E’ un bilancio complessivamente confortante quello che emerge dall’analisi dell’ufficio studi di Confagricoltura. L’associazione si è concentrata sui dati dell’Agenzia delle Dogane, relativi alle esportazioni italiane di prodotti agricoli e alimentari verso i Paesi Extra-UE, nel periodo gennaio-aprile 2020. Dal confronto dei valori delle esportazioni dei primi quattro mesi del 2019 e del 2020 (coincidenti con lo sviluppo della pandemia di coronavirus) emerge, in generale, un andamento di crescita (+3,7%). Ma non è andata allo stesso modo per tutti i settori.
L’ANDAMENTO DELL’EXPORT PER CATEGORIA
Guardando alle diverse categorie di prodotti, gli incrementi più rilevanti riguardano gli ortaggi (+30%) e le carni (+25%); sono vicini al +15% prodotti da forno, frutta e ortaggi trasformati, salumi; bene anche olio d’oliva (+11%) e riso (+10%). Segnano invece sensibili flessioni: fiori e piante (-25%), paste alimentari (-14%), frutta (-9%), carni conservate (-8%). Nove delle quattordici categorie di prodotti esaminate hanno esportato di più nel 2020 e, di queste, sette presentano incrementi superiori al 10%. D’altra parte, delle cinque categorie di prodotti con valore dell’export in flessione, tre segnano andamento negativo superiore al 10%.
L’ufficio studi di Confagricoltura ha anche confrontato i dati 2019 e 2020 di ciascun mese del primo quadrimestre dell’anno. Vini e spumanti e formaggi e latticini hanno segnato una forte crescita in gennaio (+24% e +60%), seguita da andamenti negativi nei tre mesi seguenti.
Comportamento opposto per i cereali e l’olio d’oliva. Per quanto riguarda la pasta, dopo i primi tre mesi di forte crescita in aprile ha registrato una flessione del 48%.
CORONAVIRUS: VALUTAZIONI PRELIMINARI
I dati consentono una prima valutazione dell’effetto della pandemia di Coronavirus sul settore, tenendo conto che il primo annuncio della pandemia è stato diffuso dalla Cina il 31 dicembre 2019 e che il 31 gennaio 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato l’emergenza internazionale, elevandola a rischio “molto alto” il successivo 28 febbraio.
La conclusione dell’ufficio studi di Confagricoltura è che siamo di fronte ad un contesto del tutto anomalo, in grande e costante modificazione dove almeno per il momento non è possibile reperire tendenze ragionevolmente consolidate. Non sembra che si siano fin qui verificati significativi ostacoli al trasporto delle merci.
Appare comprensibile il dato molto positivo di gennaio (+24%) per vini e spumanti, seguito da quelli negativi dei tre mesi successivi, con la chiusura o la riduzione di frequentazione di ristoranti, bar e alberghi. Ugualmente spiegabile è la forte contrazione della domanda di fiori e piante, visto il carattere prevalentemente voluttuario di questi consumi in presenza di diffuse difficoltà economiche delle famiglie. Discorso analogo per l’incremento della domanda di prodotti da forno (panetteria, pasticceria) per ‘confortare’ il lungo tempo trascorso in casa per contenere i rischi di contagio da coronavirus. Ma è difficile dare una spiegazione, ad esempio, alla costante crescita delle esportazioni di ortaggi e all’altrettanto costante riduzione delle esportazioni di frutta (due dei pochi settori che confermano l’andamento in tutti e quattro i mesi presi in esame).
I RISULTATI DEL 2019
Confagricoltura ricorda che nel 2019 il valore delle esportazioni italiane dei settori agricolo e dell’industria alimentare è stato complessivamente di 44,6 miliardi di euro, di cui 6,8 miliardi di euro per i prodotti agricoli (15%) e 37,8 miliardi di euro per i prodotti dell’industria alimentare (85%).
Le esportazioni verso i Paesi Extra-UE valgono 16,3 miliardi di euro, pari al 37% del totale. Il 91% del valore (14,9 miliardi di euro) si riferisce ai prodotti dell’industria alimentare, il restante 9% (1,4 miliardi di euro) ai prodotti agricoli. Il Paese Extra-UE principale acquirente dei prodotti agricoli italiani è la Svizzera (326 milioni, pari al 23,1% del totale), seguita a notevole distanza da Emirati Arabi Uniti (104, 7,3%) e Stati Uniti (101, 7,2%). Per quanto riguarda i prodotti dell’industria alimentare, primo acquirente sono gli Stati Uniti (4,55 miliardi pari al 30,6% del totale); seguono il Giappone (1,85, 12,4%) e la Svizzera (1,26, 8,5%).