La suinicoltura italiana si caratterizza rispetto al resto d’Europa per l’allevamento di animali pesanti, ovvero da e superiori ai 50 kg, che sono destinati alla produzione di salumi e in particolare dei prosciutti. Nel 2019 la popolazione suinicola complessiva ha raggiunto circa 8,5 milioni di capi (fonte: Istat), un dato in calo del 2,2% rispetto al 2014, che conferma un trend negativo che dura ormai da 10 anni.
Tra il 2009 e il 2019 la flessione del numero dei capi è stata del 7,3%, ed è attribuibile principalmente alla contrazione degli allevamenti dei suini leggeri e lattonzoli, che scontano la forte concorrenza di Danimarca e Olanda, che lavorano a costi di produzione più bassi. Il patrimonio suinicolo nazionale è costituito prevalentemente da suini destinati all’ingrasso per la macellazione: si tratta di oltre 4,8 milioni di capi, che rappresentano il 57,5% del totale.
SUINICULTURA: UNA FILIERA DA OLTRE 3 MILIARDI DI EURO
Nel corso dell’ultimo decennio il valore complessivo delle carni suine è salito da 2,5 a 3,1 miliardi di euro, pari al 31% di quello dell’intera zootecnia da carne italiana. Si tratta di un risultato positivo ottenuto, da un lato, dall’adesione di molti allevatori a Op (Organizzazioni di Produttori), che hanno consentito alle aziende di contenere alcuni importanti costi di produzione (come quello dei cereali, o dei fitofarmaci) e di presentarsi con più potere contrattuale sul mercato. Dall’altro, dalla scelta decisiva da parte di molti allevatori di puntare sulle produzioni di salumi di qualità (Dop e Igp), che consentono di ottenere una remunerazione più elevata.
L’annata 2020 – caratterizzata già nel periodo pre-Covid da una forte volatilità dei prezzi – sarà condizionata dagli effetti della pandemia sul fronte della domanda. Il lockdown ha condizionato i consumi e rallentato l’export nel canale Horeca, imprescindibile per lo sviluppo del comparto, accentuando la necessità di riportare l’offerta su livelli più coerenti con la realtà del mercato, per attenuare il trend al ribasso dei prezzi.
CRESCE IL PATRIMONIO SUINICOLO AL SUD
Nel 2019 gli allevamenti di suini ammontano a circa 148.200 e sono localizzati prevalentemente nell’Italia meridionale (55,3%). Gli allevamenti da ingrasso, che hanno maggiore rilievo economico, rappresentano il 7,7% del totale e sono concentrati per il 60,3% in alcune regioni del Nord: di questa percentuale, il 28,8% è localizzato nel Nord-ovest e il restante 31,5% nel Nord-est. Rispetto al 2018 il numero totale di allevamenti è complessivamente diminuito del 2%, ma il calo ha interessato proprio le aree in cui queste strutture sono più presenti.
Tra il 2018 e il 2019 gli allevamenti si sono ridotti del 5,2% nel Nord-est e del 2,9% nel Nord-ovest per un numero complessivo di circa 300 aziende. Il trend negativo ha interessato anche l’Italia centrale (-2,8%). L’analisi congiunturale rileva il ruolo strategico dell’Italia meridionale, dove si è registrata una crescita degli allevamenti suinicoli del 6,5% per un totale di 131 unità, probabilmente come conseguenza anche del rafforzamento dei legami tra le produzioni tipiche e il turismo enogastronomico.
COVID-19, LE RIPERCUSSIONI SUI PREZZI ALL’ORIGINE
La pandemia ha causato un prevedibile rallentamento dei consumi, determinando un eccesso di offerta di prodotto finito a fronte di una domanda debole e comunque non in grado di garantire un ritorno in tempi rapidi a un equilibrio stabile. Se i consumi domestici hanno tenuto, la riapertura dell’Horeca non garantirà una ripresa in grado di risollevare velocemente la richiesta di prodotto ai livelli pre-Covid. La situazione negativa è generalizzata e coinvolge sia le produzioni a marchio di qualità territoriale (Dop/Igp) che le altre (circuito non tutelato). Le quotazioni dei suini da macello per la categoria di peso compresa tra 160 e 176 kg sono scese durante le settimane del lockdown passando da 1,5-1,6 €/kg a 0,93 c/€. La pandemia ha generato anche tensioni lungo la filiera, con difficoltà nelle trattative sui prezzi.
SALUMI DOP E IGP, PRODOTTI CHIAVE PER IL RILANCIO DEL COMPARTO
Fiore all’occhiello della salumeria italiana, le produzioni di salumi Dop e Igp rappresentano un patrimonio gastronomico ad alto valore aggiunto sia per il mercato interno che per i mercati internazionali. Dopo i formaggi, i salumi si confermano il secondo comparto per giro d’affari fra le produzioni agroalimentari certificate a marchio di tutela. Gli ultimi dati disponibili forniti da Qualivita aggiornati al 2018 evidenziavano un leggero calo del valore della produzione (-1,1%) e un alto livello di concentrazione delle categorie: le prime tre specialità tutelate rappresentano il 70,6% della produzione complessiva, con il Prosciutto di Parma Dop in testa con una quota del 40,8% seguito dal San Daniele Dop e dalla Mortadella Bologna Igp.