Uso eccessivo di acqua, consumo di energia, maggior impatto sull’ambiente. Tutto questo è il Nutriscore, il sistema di etichettatura nutrizionale a semaforo contro cui l’Italia scende in campo perché non venga adottato in maniera armonizzata in tutta l’Unione Europea. È quanto ha ribadito pochi giorni fa il ministro per le Politiche agricole, Stefano Patuanelli, dopo il suo incontro a Bruxelles con il commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.
La contrarietà dell’Italia al Nutriscore è ormai ben nota ma torna a farsi insistente dal momento che, nel quadro della strategia Farm to Fork, la Commissione Ue prevede di individuare entro il 2022 un unico sistema di etichettatura uguale (e obbligatorio) per tutti i Paesi. E il fatto che il Nutriscore sia stato adottato già da diversi Paesi europei – come Francia e Belgio – fa temere che la scelta possa orientarsi proprio su questo sistema.
NUTRISCORE, I MOTIVI DEL NO DA PARTE DELL’ITALIA
Patuanelli spiega che il Nutriscore “agevola tutti quei cibi iper-trasformati che portano anche a un maggiore uso di acqua, consumo di energia, maggiore necessità di trasporto” e quindi “a un maggior impatto sull’ambiente”. Ribadisce anche che per le metodologie produttive e per prodotti e tipicità italiani “pensare di adottare l’etichetta nutrizionale a semaforo è inaccettabile, improponibile ed è qualcosa che rifiuteremo e faremo in modo di convincere anche gli altri Paesi. Riteniamo sbagliato quel tipo di approccio per i consumatori europei”.
Il fronte di opposizione in Europa, del resto, si sta allargando. “Stiamo lavorando per rafforzare la posizione italiana, non solo a livello politico ma anche attraverso le associazioni di categoria” – afferma il ministro Patuanelli.