Come in un gioco da tavolo, il settore brassicolo nazionale capita sulla casella delle restrizioni a contrasto della pandemia da Covid-19. Quindi, torna suo malgrado sui suoi passi dopo alcune stagioni nelle quali la birra made in Italy aveva viaggiato col vento in poppa. L’Annual Report di Assobirra, l’associazione di categoria del comparto, dedicato all’andamento 2020 mette in luce una serie di segni meno davanti ai principali indicatori economici, in particolare per quanto riguarda la lunga chiusura forzata del canale fuoricasa. Una mannaia che si è abbattuta a cascata sull’intera filiera. “In pratica – spiega Michele Cason, presidente di Assobirra – abbiamo perduto in un solo anno quello che avevamo costruito in tre”.
Nello specifico, la produzione di birra in Italia ha visto una contrazione de -8,4% fermandosi a poco più di 15,8 milioni di ettolitri, e i consumi hanno fatto registrare una flessione a doppia cifra, del -11,4%, trascinati verso il basso dalla chiusura dell’HoReCa. In un anno il fuoricasa nazionale ha visto sparire il 35% dei consumi di birra relativi al canale. In un panorama così negativo note più dolci vengono dall’export, che mostra minori flessioni. Confermando, in questo modo, la vocazione export oriented del settore brassicolo nazionale. Le vendite oltreconfine perdono il 4,8%, e nel 2020 hanno raggiunto i 3,3 milioni di ettolitri; la maggior parte dei quali indirizzati verso Paesi dalla forte tradizione birraria, in grado di apprezzare l’enorme balzo qualitativo compiuto dal comparto nazionale in sole poche stagioni.
Oggi, secondo Assobirra, la filiera conta circa 900 produttori e 115mila occupati diretti e indiretti, dalle imprese agricole che producono la materia prima fino al fuoricasa. Un comparto che nel 2019 ha generato un controvalore complessivo di 9,5 miliardi di euro e che ha una forte vitalità, un’immagine molto positiva e un crescente apprezzamento anche sui mercati internazionali.