Caffè, prezzi in altalena a livello globale

La pandemia non ha intaccato il valore della produzione industriale in Italia, che nel 2020 ha sfiorato i 4 miliardi di euro. Intanto le quotazioni del caffè verde hanno ripreso a salire
Caffè, prezzi in altalena a livello globale

Il caffè è una categoria che vanta numerosi primati: è il prodotto più scambiato dopo il petrolio, ed è la bevanda più amata e consumata del mondo. Per l’Italia si tratta di una delle filiere più strategiche e a maggior valore aggiunto del patrimonio agroalimentare nazionale e continuerà a esserlo anche dopo la pandemia.

La produzione mondiale di caffè verde in grani è andata aumentando nell’ultimo decennio e le ricadute della pandemia hanno rallentato ma non invertito questo trend. Nel periodo compreso tra ottobre 2020 e settembre 2021 è previsto un aumento della produzione mondiale di caffè fino a 175 milioni di sacchi (un sacco equivale a 60 kg), che dovrebbe quindi tornare sugli stessi livelli del 2018/19, dopo il repentino calo dell’anno scorso. Nel primo trimestre del 2021 l’export di caffè verde in grani dal Sud America è cresciuto del 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2020.

L’apporto più consistente alla crescita verrà dal Brasile, principale produttore mondiale di caffè con il 38,7% di quota sull’esportazione mondiale. Sull’andamento produttivo della stagione 2021 permangono comunque alcune remore legate alle condizioni climatiche: le scarse piogge potrebbero condizionare il raccolto in alcuni stati brasiliani. Le scorte globali dovrebbero superare i 41 milioni di sacchi, un valore pari a circa un quarto della produzione mondiale (23,6%). Il dato riflette i condizionamenti sul trade della pandemia, che ha ampliato il gap tra domanda e offerta e le incertezze per i raccolti nei principali Paesi produttori (fonte: Usda, Cecafè).

SALGONO I PREZZI DI ARABICA E ROBUSTA

Le specie di caffè verde in grani commercialmente più rilevanti sul mercato internazionale sono Arabica e Robusta. A queste si affiancano anche i mild coffee della Colombia (e di alcuni altri Paesi), prevalentemente derivati da Arabica, e ottenuti con un metodo di lavorazione che porta a semi di caffè verde lavati (washed). A fine 2019 l’andamento mensile delle quotazioni ha registrato un deciso rialzo. Nel 2020 questo andamento si è invertito ben tre volte nel corso dell’anno, condizionato dalle limitazioni commerciali alle attività economiche introdotte dai singoli stati nel mondo. Con il 2021 i prezzi sono però tornati ad aumentare in modo rilevante, come quelli di tutte le più importanti materie prime agricole (soia, frumento, cotone, ecc.), portando l’Arabica e i Colombian Milds a quotazioni non lontano da quelle di fine 2019 (122,16 vs 126,36 US cents/lb), o addirittura superiori (177,49 vs 161,50 US cents/lb). A marzo, l’aumento dei prezzi di Robusta era stato del 12%, cioè il nono per intensità tra tutte le materie prime agricole, e quello di Arabica di oltre il 20%, cioè il sesto in assoluto (fonte: Rabobank). Alla base di questo rialzo i timori per un andamento climatico anomalo (la Niña) e l’aumento dei costi di spedizione dei container, fondamentali nel commercio interemisferico di caffè.

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AUMENTA L’IMPORT DI CAFFÈ VERDE DALL’EUROPA

La domanda mondiale di caffè verde in grani proviene soprattutto dall’Ue-27 che ospita parecchie aziende di lavorazione del caffè, molte delle quali fanno parte di gruppi multinazionali. Nel 2020 la domanda ha rallentato drasticamente per la chiusura delle attività commerciali. Molti operatori hanno però deciso di lavorare con scorte superiori alla norma per minimizzare il rischio di un’interruzione nella catena di approvvigionamento. A fine 2020 presso i porti europei sono state stoccate poco meno di un milione di tonnellate di caffè (di cui il 61,5% Arabica e il 38,5% Robusta) contro i circa 0,8 milioni di inizio anno (+12,8%).

Le importazioni dell’Ue-27 per l’annata 2020/21 sono previste in aumento rispetto all’anno precedente di 1,9 milioni di sacchi, per un totale di 49 milioni di sacchi, pari al 42,9% delle importazioni mondiali. L’Ue-27, gli Stati Uniti e il Giappone, insieme, assorbono il 71,9% delle importazioni di caffè verde in grani, contro il 28,1% del resto del mondo. Le importazioni sono la materia prima dell’industria di macinazione e torrefazione di caffè, che si concentra in Germania e in Italia.

PRODUZIONE 2020: VALORE STABILE A 3,9 MILIARDI DI EURO

L’industria di torrefazione del caffè ha generato nel 2019 un valore alla produzione di 3,95 miliardi di euro, riconducibile quasi esclusivamente alla produzione di miscele di caffè tostato in grani o macinato (93,7%) mentre il restante 6,2% proviene dalla tostatura di decaffeinato. Nel 2020 il valore della produzione si dovrebbe confermare comunque intorno ai 3,9 miliardi di euro, quindi in calo contenuto rispetto al 2019 (fonte: Federalimentare), malgrado il forte rallentamento della domanda generato dalla chiusure degli esercizi commerciali della ristorazione dovuti ai ripetuti lockdown.

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BILANCIA COMMERCIALE A 1,2 MILIARDI DI EURO

L’industria di torrefazione del caffè ha assunto un ruolo sempre più importante nel panorama alimentare italiano, anche per il fattivo contributo al saldo positivo della bilancia agroalimentare nazionale. Infatti, oltre che importatore di materia prima dai principali Paesi produttori (Brasile, Vietnam, India, Uganda ed Indonesia), l’Italia è tra i più importanti esportatori comunitari di caffè tostato che si dirige nel resto del mondo, e in particolare in Europa. Nel 2019 il saldo della bilancia commerciale è stato superiore a 1,2 miliardi di euro, cioè circa un terzo del valore della produzione.

IN EUROPA LA RIPRESA È ATTESA NEL 2022

L’Ue rappresenta la più vasta area al mondo di consumo extra-domestico di caffè: un mercato che prima della pandemia era in piena espansione. Come per molti altri generi alimentari, anche per il caffè la pandemia ha causato il drastico calo dei consumi fuori casa, solo in parte controbilanciato dall’aumento di quelli domestici e dalla crescita degli acquisti online.

In dettaglio, a fronte di un mercato stimato complessivamente in 27 miliardi di euro nel 2019, si ritiene che la pandemia abbia generato un calo delle vendite del -48,3%, determinato dalla flessione del -56,1% del canale Horeca a cui ha fatto da contraltare una crescita del consumo domestico del 5,6 per cento. La contrazione più significativa ha riguardato il consumo di caffè in ufficio (-61,8%), come conseguenza diretta delle politiche di telelavoro attuate a più riprese nei singoli Paesi (fonte: Coffebi). Il ritorno alla crescita è previsto solo nella seconda parte del 2021, ma per raggiungere di nuovo i livelli di vendite precedenti la pandemia si dovrà probabilmente attendere il 2022.

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