Cosa significa in un mercato globale acquistare pesce da filiere sostenibili? A questa domanda ha cercato di rispondere la tavola rotonda “Quale pesce per noi?”, organizzata durante la seconda edizione di “Roma Baccalà”, la manifestazione che dal 9 al 12 settembre ha celebrato la cultura e la tradizione gastronomica del baccalà.
“L’idea di porre l’accento sulla sostenibilità – ha spiegato Francesca Rocchi, direttrice artistica di Roma Baccalà e moderatrice della tavola rotonda – è venuta a Unicoop Tirreno”, cooperativa della Coop, che riunisce 94 supermercati in Toscana, Lazio e Umbria. E il perché è presto detto: “L’argomento interessa sempre più i consumatori e, di conseguenza, anche la grande distribuzione organizzata”.
Il dibattito ha dunque preso inizio dando la parola proprio alla Gdo. “Mi occupo di prodotti ittici da vent’anni – ha raccontato Riccardo Romano, category del Pesce della Direzione Acquisti di Unicoop Tirreno – e mi è ben chiaro quanto sia cresciuto il consumo di pesce in quest’arco temporale e di come sia cambiato l’approccio dei clienti con il banco vendita della pescheria: più timido nei primi anni e più disinvolto oggi. Anche se la differenza, è bene sottolinearlo, la fa ancora il banconiere: è lui spesso a guidare le tendenze del consumatore, mostrandogli l’offerta del giorno, perché nella lista della spesa la maggior parte delle volte viene appuntato un generico “pesce””.
L’attenzione ecologica e la tutela del benessere animale – valori storici di Coop – portano a rispettare la stagionalità delle specie ittiche, alla sostituzione graduale delle casse di polistirolo con cassette di plastica riutilizzabili e a privilegiare il pescato locale.
Quando si parla di baccalà, però, è bene ricordarlo, si sta parlando esclusivamente di merluzzo nordico salato e stagionato. A precisarlo è Valentina Tepedino, medico veterinario specializzato nel settore ittico: “Con altre specie – ha ribadito – non è possibile produrlo”.
Compito del sale è estrarre l’acqua presente nel pesce: solo quando scende al di sotto del 48% si può parlare di baccalà. “Ed è propria la stagionatura a fare la differenza tra un merluzzo nordico solo salato o anche stagionato – ha spiegato Tepedino – dove quest’ultima determina il pregio del prodotto che, al contrario del primo, acquista un gusto e una consistenza tipica appunto del baccalà e si presenta disidratato”.
In prima linea nella produzione di baccalà vi è la Norvegia, all’avanguardia anche nella pratica e nella promozione di una pesca sostenibile. “Il mercato ittico norvegese guarda alla sostenibilità da trent’anni, molto prima di quello europeo, e lo fa con grande orgoglio. Ad esempio, per quanto riguarda la pesca nel Mare di Barents, ogni mese ispettori ufficiali verificano lo stato del merluzzo nordico per definire eventuali fermi temporanei, sono vietati i rigetti ormai da alcuni decenni, ogni pescatore può pescare solo la quota stabilita dalle autorità e la collaborazione tra controllati e controllori è massima”, ha raccontato Tepedino, precisando che il baccalà norvegese è identificato dal marchio volontario “Seafood From Norway”, autorevole e affidabile , che ne certifica l’origine.
La parola è poi passata a Paolo Venezia, antropologo di Slow Food Roma, che ha invitato la Gdo a ridurre l’offerta quotidiana di pesce e a tenere chiuso il banco della pescheria il lunedì, non potendo, quel giorno, garantire la freschezza dei prodotti: “Il banco della pescheria si è allargato a dismisura, ma non è possibile che siano presenti costantemente così tante specie, tra l’altro in quantità ingenti: è la lezione del mare”, ha ammonito, invitando i consumatori a fare attenzione alla provenienza di ciò che si acquista.
A chiudere l’incontro è stata Raffaella Bullo, dottoressa in Scienze ambientali marine e divulgatrice ambientale. “Il mare sta soffrendo molto e la plastica non è il primo dei suoi problemi. Lo è, invece, il cambiamento climatico, che porta con sé anche il calo della biodiversità”, ha denunciato, invitando i consumatori a una riflessione: “Quando si compra un prodotto, bisogna cercare di capire che rifiuto si produrrà e se non si è in grado di sapere che fine possa fare, allora è meglio non acquistarlo. L’obiettivo è il recupero del mare: non è facile, ma ce la possiamo fare”.
Il programma di “Roma Baccalà” è poi proseguito con uno showcooking a cura dell’Ambasciata di Norvegia: un salto nella cultura gastronomica del celebre popolo scandinavo, in cui è fortemente radicato il rapporto tra comunità e pesca, e in particolare del baccalà norvegese, per una dieta sana e sostenibile.