Lo sviluppo del business dei maggiori gruppi globali – a cominciare da quelli attivi nell’information technology e nella digital economy – è più che mai legato alle loro risorse intangibili, tra cui, per esempio, la loro brand reputation. Quello delle risorse intangibili è un motore di crescita che può funzionare più che bene anche per le filiere agroalimentari che hanno un importante e ben identificabile ‘capitale intellettuale’, ancora in buona parte da valorizzare: prime fra tutte, le indicazioni geografiche.
Con 876 tra prodotti alimentari Dop, Igp e Stg, vini e bevande spiritose, il sistema italiano delle indicazioni geografiche è il più consistente nell’Unione europea, che vanta 3.358 Ig in totale: come attesta un report di Fondazione Qualivita, l’Italia è seguita a distanza da Francia (750 Ig complessive), Spagna (361 Ig), Grecia (275 Ig) e Portogallo (191 Ig).
Grazie a un fatturato annuo di oltre 10 miliardi di euro, le vendite estere di prodotti Dop e Igp rappresentano circa il 25% di tutto l’export alimentare nazionale (fonte: Nomisma).
IN ARRIVO I NUOVI REGOLAMENTI UE PER DOP E IGP E PER LE PROMOZIONI
L’Italian food system può contare sulle risorse intangibili più importanti del settore agroalimentare a livello globale, offrendo quindi un potenziale per valorizzare le Pmi attive nei circuiti dei prodotti Dop e Igp, per facilitarne l’accesso al credito e per realizzare progetti internazionali che consentano di crescere e di esportare su tutti i mercati.
Su questa visione di sviluppo si è incentrato il convegno “Il made in Italy agroalimentare e le indicazioni geografiche. Le strategie per spingere la crescita”, coordinato da Paolo De Castro, Eurodeputato e Professore ordinario di Economia e politica agraria all’Università di Bologna nonché ex Ministro delle Politiche Agricole nei Governi D’Alema e Prodi.
“Il New Green Deal e la strategia Farm to Fork lanciata dalla Commissione Ue – ha ricordato Paolo De Castro – devono puntare al rafforzamento delle politiche di qualità. E questo è un obiettivo confermato dalla riforma della Politica agricola comune, che entrerà in vigore da gennaio 2023. La Commissione, inoltre, presenterà nei prossimi mesi due Regolamenti: uno sulla promozione dei prodotti agroalimentari e l’altro proprio sul sistema delle indicazioni geografiche. Ci auguriamo che facciano leva anche sulle filiere certificate italiane, che restano alla base delle nostre eccellenze agroalimentari”.
IL CAPITALE ‘INTELLETTUALE’ DELLE FILIERE IG PUÒ ESSERE PATRIMONIALIZZATO
“È chiaro – ha rimarcato Mauro Rosati, Direttore Generale Fondazione Qualivita – che serve patrimonializzare e finanziare la crescita delle Pmi agroalimentari italiane per aumentare il potenziale d’offerta all’estero, dov’è forte la richiesta di qualità made in Italy. Se ben gestite, le indicazioni geografiche rappresentano asset intangibili capaci di dare alle imprese valori di mercato ben più elevati di quelli attuali. Il monitoraggio preciso del ‘capitale intellettuale’ generato nelle filiere dai prodotti Dop e Igp può aiutare ad attrarre finanza e partnership di alto livello utili per accelerare la crescita. In una fase come quella attuale in cui le risorse intangibili sono un grande serbatoio di valore per le economie globalizzate, l’alimentare italiano con il suo know how, le certificazioni, gli usi tradizionali di produzione può accrescere la propria dimensione e trovare un posizionamento internazionale ancora più forte”. Secondo le survey di Brand Finance Gift e S&P 500, le risorse intangibili delle imprese attive a livello mondiale rappresentano il 90% degli asset, riducendo nel contempo il valore di quelli tangibili. In tale scenario, quindi, le Ig italiane come il Parmigiano Reggiano Dop, il Grana Padano Dop, il Prosciutto di Parma Dop o il Gorgonzola Dop hanno le potenzialità per affermarsi nell’agroalimentare a livello globale nell’immaginario comune dei consumatori di tutto il mondo. Un potenziale che fonda le sue basi su elementi inerenti alla proprietà intellettuale, alle risorse umane e al capitale organizzativo e relazionale sviluppati negli anni dalle Dop e Igp italiane attraverso una corretta gestione dei Consorzi di tutela e delle imprese consorziate.
IL RUOLO DELLA FINANZA PER LE PMI SECONDO CRÉDIT AGRICOLE
Il valore di mercato delle Pmi dell’Italian food, quindi, risulta generato in buona parte da quelle risorse intangibili ‘di origine’ che ogni indicazione geografica porta con sé e che, se ben sviluppato, può essere un traino per ogni singola impresa della filiera.
“La finanza è consapevole – ha confermato Giampiero Maioli, Amministratore Delegato di Crédit Agricole Italia – che oggi è chiamata a svolgere un ruolo di attore contributivo dell’agroalimentare, un settore strategico per il nostro Paese. A livello internazionale, Crédit Agricole sta mettendo in maniera sempre più forte i criteri ESG e di sostenibilità al centro della quotazione delle realtà agroalimentari, affinché la valutazione di un’impresa prenda in considerazione appunto asset intangibili come la governance, la tracciabilità dei prodotti, la digitalizzazione”.
IL TRAINO DELL’EXPORT ITALIANO DA PARTE DEI PRODOTTI IG
“Le sinergie tra le indicazioni geografiche e l’evoluzione economica dell’Italian food & wine e socioambientale dei territori sono sotto gli occhi di tutti – ha sottolineato Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor Nomisma –, così come il ruolo propulsivo e trainante per le vendite nel mercato globale. La propensione all’export dei prodotti Dop e Igp italiani tocca il 47%, a fronte del 25% dell’intera produzione agroalimentare nazionale: per ogni due euro fatturati dalle specialità Dop e Igp, uno è realizzato all’estero. Sempre grazie a loro, il posizionamento di prezzo del nostro export F&B è tra i più alti a livello globale”.
MA IL RILANCIO DEI CONSUMI INTERNI RIMANE ESSENZIALE
E il mercato interno? A ricordare l’importanza del rilancio dei consumi nazionali ci ha pensato Francesco Pugliese, Amministratore Delegato di Conad, che ha voluto lanciare un monito a non concentrare le energie degli operatori dell’Italian food&beverage system e gli investimenti pubblici esclusivamente sullo sviluppo dell’export. “Conad – ha ricordato Pugliese – vale il 22% del fatturato del Grana Padano, il 24% di quello del Parmigiano Reggiano, il 21% di quello del prosciutto di Parma, il 25% di quello di San Daniele, il 35% di quello di Norcia e così via. Nel 2020 Secondo i dati Istat, Grana Padano e Parmigiano Reggiano hanno venduto circa 9 milioni di forme all’estero, mentre Conad da solo ne ha vendute 560.000 in tutta Italia. E così per il prosciutto di Parma: su un volume totale di 12 milioni di cosce in tutta Italia, Conad ne ha vendute 4,9 milioni contro i 3,3 milioni di cosce destinate all’export. La nostra private label Sapori & Dintorni ha raggiunto i 540 milioni di euro di fatturato, ed è diventato il brand leader dei prodotti a indicazione geografica del nostro Paese. Tutto questo per dire che i mercati esteri restano senz’altro una grandissima opportunità, ma non dobbiamo pensare di risolvere tutti i problemi dell’agroalimentare italiano solo con le esportazioni: si tratta di un concetto che rischia di far chiudere molte imprese, perché il rilancio del mercato interno è altrettanto vitale per il loro futuro quanto lo sviluppo dell’export. Molte restano le questioni sul tappeto: dal problema demografico che incombe da anni sull’Italia alla recente minaccia dell’etichetta nutrizionale Nutriscore, sulla quale in Conad eventualmente siamo pronti a lanciare una campagna di controinformazione per i consumatori”.
NEL 2022 LA QUESTIONE NUTRISCORE AL VAGLIO DELLA COMMISSIONE EUROPEA
La controversia sull’utilizzo del Nutriscore, peraltro, approderà la prossima primavera sui tavoli della Commissione europea, che sarà chiamata ad armonizzare le varie proposte di etichettatura nutrizionale, tra cui anche quella del Nutrinform, elaborata in Italia, e la soluzione del Keyhole, proveniente dalla Svezia e già adottata nei Paesi Scandinavi per evidenziare meglio i plus dell’healthy food.
“Tutti questi dati raccontano bene – ha concluso Stefano Patuanelli, Ministro delle Politiche agricole – qual è la ricchezza agroalimentare del nostro Paese, costruita e cresciuta in questi anni nei territori d’Italia con il paniere delle eccellenze Dop e Igp, che esprime un valore frutto di conoscenze, competenze e organizzazione dei sistemi produttivi. E questo ci dice anche che la dimensione aziendale non rappresenta un problema laddove le filiere funzionano e i Consorzi riescono a governare e tutelare sistemi di produzione agroalimentare di qualità. Abbiamo risorse e abbiamo una condizione politica che ci consente di fare alcune cose che nella normalità non sarebbero possibili. Abbiamo avuto una stagione che mi auguro sia alle spalle, che ha messo in luce alcune fragilità dei nostri sistemi produttivi. L’inserimento di una parte significativa di risorse nel Fondo complementare per il sostegno alle filiere è un’azione giusta che andrà portata a buon fine il prima possibile”.