Sugar tax, l’allarme di Assobibe: “A rischio 5mila posti di lavoro”

In occasione del Convegno “La filiera delle bevande analcoliche, rischi e opportunità” promosso a Cibus, Assobibe e Confagricoltura hanno espresso le preoccupazioni della filiera per gli effetti della tassa che dal 2022 si abbatterà su un settore già indebolito dalla pandemia

Un’occasione di confronto tra l’industria delle bevande analcoliche e le aziende della filiera, per fare il punto del settore e provare a immaginare insieme le opportunità di crescita che il prossimo biennio potrebbe riservare. Ma anche per porre l’accento sui rischi di perdita in termini di fatturato, investimenti e posti di lavoro che l’introduzione della sugar tax comporterà.

Questi gli argomenti trattati nel convegno “La filiera delle bevande analcoliche, rischi e opportunità”, che si è tenuto nell’ambito della 20esima edizione di Cibus, organizzato da Assobibe e Confagricoltura.

Al convegno, oltre al presidente di Assobibe Giangiacomo Pierini e al presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, hanno partecipato Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, Paolo De Castro, coordinatore S&D Commissione Agricoltura Parlamento Europeo, Stefano Marini, Ad Gruppo Sanpellegrino e vice presidente Assobibe, Emanuele di Faustino, project manager Nomisma, e i segretari generali di Fai-CISL Onofrio Rota, Flai-CGIL Giovanni Mininni e Uila-UIL Stefano Mantegazza.

GLI EFFETTI DELLA SUGAR TAX SECONDO L’INDUSTRIA

Nel corso dell’evento sono stati presentati i dati della ricerca commissionata da Assobibe a Nomisma dal titolo “Il settore delle bevande analcoliche in Italia nell’era post-Covid”, ed è stata data voce alle preoccupazioni di un intero settore in merito alle incertezze dei prossimi mesi e alle conseguenze dell’entrata in vigore della sugar tax, prevista per il prossimo primo gennaio 2022. L’introduzione dell’imposta, che comporterà un incremento della fiscalità del 28%, secondo l’industria di settore penalizzerà i consumi con ripercussioni negative su ogni anello della filiera.

Lo studio di Nomisma dimostra gli effetti devastanti, economici e sociali, dell’introduzione di un’imposta del valore di 10 euro/ettolitro in un momento già così incerto” – ha sottolineato Giangiacomo Pierini. “Anziché facilitare crescita e occupazione, con l’introduzione della sugar tax nel 2022 si avrà una contrazione del 16% del mercato a volume, -180 milioni di euro di fatturato rispetto al 2019 e -344 milioni di euro se consideriamo la perdita di giro d’affari nel 2023 rispetto al 2019. Inoltre, togliere liquidità alle imprese con una nuova gabella da versare a fine mese si traduce in maggiori difficoltà e minori investimenti. Un trend nefasto che affosserà la ripresa e il ritorno ai consumi pre-Covid previsti a fine biennio 2022-2023”.

Questa tassa si abbatte su un settore già fortemente penalizzato dalla pandemia e dalle chiusure del canale Ho.Re.Ca. con una contrazione nel 2020 del 10% del fatturato. Tra i dati illustrati, il rischio di perdita di posti di lavoro per oltre 5mila lavoratori.

L’IMPATTO SOCIO-ECONOMICO

A risentire maggiormente degli impatti socio-economici della sugar tax sarebbero le PMI, ben il 64% delle aziende totali del settore e custodi della tradizione alimentare italiana. Non rimarranno illese le aziende della filiera, con i fornitori che vedranno un calo di acquisti di materie prime food e non-food per 250 milioni e ripercussioni importanti anche a livello territoriale, in particolare per regioni come Sicilia e Calabria da cui l’industria acquista principalmente la frutta, con il rischio che le aziende siano costrette ad approvvigionarsi dall’estero a minor costi rispetto a quelli nazionali.

La sugar tax – ha aggiunto Massimiliano Giansantirischia inoltre di dare il colpo di grazia al comparto saccarifero nazionale, già fortemente danneggiato dalla liberalizzazione delle quote che ha contribuito alla decimazione del numero di imprese e di zuccherifici. Sarebbe piuttosto opportuno individuare misure che siano adeguate ed effettivamente funzionali all’obiettivo di garantire la salvaguardia della salute e del benessere. La tassa, invece, andrebbe a ripercuotersi direttamente sulla filiera dei succhi di frutta italiani, aprendo la strada al Nutriscore, il sistema di etichettatura basato esclusivamente su quantità standard di assunzione senza tenere conto della qualità e della tipicità di bevande e cibi”.

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