Il rialzo dei prezzi sta interessando il mercato a livello nazionale e internazionale con importanti ricadute su tutta la filiera alimentare, anche quella dei cereali.
Food ha intervistato Andrea Pasini, Dirigente Settore Cereali di Consorzi Agrari d’Italia (CAI) – l’hub strategico dell’agricoltura italiana che fornisce servizi, mezzi e prodotti ad oltre 70mila imprese agricole – per capire come si sta muovendo il settore agrario e in che modo industria e agricoltori possono collaborare per affrontare le dinamiche del momento e dare maggiore valore alla filiera.
Nell’ultimo periodo si assiste a un generalizzato aumento dei prezzi delle materie prime. Qual è la situazione nel mondo dei cereali e come si sta muovendo CAI?
I rincari stanno caratterizzando il mercato a livello mondiale e non riguardano solo il costo delle materie prime, ma anche dei servizi logistici: dall’energia elettrica ai noli, dai trasporti agli imballaggi. CAI sta facendo quello che le compete: cercare di valorizzare il lavoro dei produttori, difendendolo sul mercato, senza dimenticare di offrire alle aziende assistenza in ogni fase agronomica. Tutto questo, naturalmente, promuovendo sostenibilità e innovazione.
Insieme ai nostri partner, quindi, lavoriamo ogni giorno per rafforzare la filiera di qualità italiana. Dopo anni in cui le produzioni sono state scarsamente remunerative per le aziende agricole, quest’anno c’è stata una netta inversione di tendenza.
Il grano italiano è tra i migliori al mondo nel 2021, se non il migliore. Bisogna precisare, però, che il bilancio produttivo è stato buono nel Nord Italia, mentre al Centro al Sud le produzioni sono state molto scarse. Inoltre, gli agricoltori, anche se hanno raggiunto prezzi più alti a livello di remunerazione, hanno dovuto fare i conti con le minori quantità di prodotto e soprattutto con i rincari dei costi di produzione. Questo vuol dire che le proporzioni sui guadagni restano quasi invariate rispetto all’anno precedente.
Qual è la via di uscita da questi rincari?
Per evitare questa forte instabilità sono necessari investimenti sulla filiera, per renderla ancora più innovativa e competitiva. È necessario aumentare anche la produzione in Italia, visto che negli ultimi cinque anni, secondo dati Istat, abbiamo perso circa 75mila ettari di terreno coltivati a frumento duro, e come Paese dipendiamo troppo dalle importazioni.
Consorzi Agrari d’Italia lavora per garantire che il valore del prodotto venga equamente distribuito lungo la filiera, senza lasciare indietro nessuno.
In tal senso, la nostra strategia è chiara ed è incentrata sui contratti di filiera, in grado di valorizzare il lavoro delle aziende agricole e, con esso, il prodotto di qualità naturalmente made in Italy, oltre a tutelare al tempo stesso il consumatore.
In che modo gli accordi di filiera possono creare valore sia per le aziende agricole sia per il mondo industriale?
I contratti di filiera sono sempre stati molto importanti e l’ultima annata l’ha confermato. Il contratto di filiera garantisce al produttore agricolo un percorso in grado di valorizzare il proprio lavoro, con una importante premialità rispetto al prezzo di mercato: anche in termini di gestione aziendale, il produttore sa qual è l’obiettivo, quale può essere il margine alla fine delle attività e dove verranno collocate le proprie produzioni.
L’industria di trasformazione può contare su un canale di approvvigionamento privilegiato, un prodotto nazionale, di qualità superiore, vicino a casa. Elemento che, in circostanze come quelle vissute negli ultimi sette-otto mesi, con prezzi costantemente al rialzo e difficoltà nei trasporti, rappresentano un notevole vantaggio. Inoltre, utilizzando materia prima di filiera possono avviare percorsi di valorizzazione e di marketing per i loro prodotti e/o brand. Percorsi che si possono realizzare solo se si può contare su un partner come Consorzi Agrari d’Italia e una vasta rete di aziende agricole sul territorio in grado di garantire prodotti di qualità nel tempo.
In ambito Ricerca & Sviluppo su cosa state lavorando?
Nel settore dei cerali abbiamo intrapreso un percorso di innovazione in ottica sostenibilità e superamento delle problematiche legate all’instabilità del clima.
Da un lato, insieme a Sis – Società Italiana Sementi, siamo alla continua ricerca di colture a basso impatto ambientale, riducendo l’uso di fertilizzanti, gli interventi chimici, ecc. Dall’altro, abbiamo dovuto fare i conti con il clima, che ci obbliga a essere sempre più attrezzati per gestire l’irrigazione e raggiungere gli obiettivi evitando sprechi.
In tal senso, stiamo collaborando con IBF Servizi, in ottica di agricoltura 4.0; stiamo avviando una serie di possibilità di rilevamento via satellite o tramite centraline per capire le esigenze delle colture e, in base ai dati, intervenire con soluzioni mirate e precise, che non solo permettono di consumare meno acqua, ma anche di ridurre i costi dell’intervento.
In conclusione, secondo lei, su cosa devono puntare parte agricola e industria per fare squadra?
L’agricoltura italiana è la più sicura ed è garanzia di qualità. Le problematiche di quest’anno hanno dimostrato ancora una volta che avere le materie prime tracciate, controllate e 100% italiane rappresenta la soluzione migliore per l’industria. Il nostro auspicio è che il numero di contratti e impegni collaborativi con le imprese di trasformazione aumentino di anno in anno, consci che nessuna delle due parti può trarre profitto dall’attività dell’altra.
L’obiettivo deve essere cercare il giusto equilibrio e tracciare la provenienza della materia prima per offrire al consumatore un prodotto con garanzia d’origine, di cui si conoscano tutte le fasi di lavorazione e trasformazione.
Sfide globali come l’aumento del prezzo delle materie prime richiedono una risposta coordinata: la rete di CAI, che unisce oltre 70mila imprese agricole, permette di valorizzare le produzioni di qualità, garantendo equità lungo tutta la filiera, oltre alla possibilità di poter competere sui mercati internazionali con la forza del made in Italy.