Granarolo, gli allevatori della filiera lanciano l’allarme sull’inflazione

Lettera aperta ai rappresentanti dell’agroalimentare italiano per chiedere interventi a favore di un comparto in forte difficoltà a causa della dinamica dei prezzi
Granarolo, gli allevatori della filiera lanciano l’allarme sull’inflazione

Gli allevatori della filiera Granarolo hanno deciso di scrivere ai principali organismi di rappresentanza dell’agroalimentare italiano la gravissima situazione nella quale versano il mondo agricolo e l’industria lattiero-casearia. Soprattutto a seguito dell’impatto dell’inflazione; da qui la richiesta di condividere iniziative di supporto al comparto.

Con il loro intervento, gli allevatori accendono un allarme rosso senza precedenti: nella lettera aperta sostengono infatti che è in gioco la sopravvivenza del comparto, cui sono legate migliaia di imprese e di posti di lavoro. Gli allevatori fanno appello alle istituzioni e sollecitano nel più breve tempo possibile tutte le misure concrete per mitigare l’effetto di un’inflazione destinata a durare, consentendo alle filiere agro-zootecniche italiane di salvaguardare un cibo di qualità, garanzia per un futuro sostenibile.

L’ALLARME DEGLI ALLEVATORI

In qualità di consiglieri della cooperativa Granlatte e di Granarolo Spa, a nome dei nostri 600 colleghi allevatori distribuiti in tutto il Paese, sentiamo il bisogno di sollecitare le organizzazioni della rappresentanza agricola, della trasformazione e della cooperazione a una presa di posizione a sostegno dell’intera filiera lattiero-casearia italiana” scrivono gli operatori del comparto lattiero-caseario.

Per la nostra natura di filiera – prosegue la lettera aperta – subiamo ogni giorno l’impatto dell’inflazione in ogni snodo del processo produttivo, sul campo, alla stalla, negli stabilimenti, allo scaffale. Questa volta è allarme rosso davvero per la tenuta del sistema, come non è mai stato in passato, ed è sbagliato concentrare l’attenzione solamente sul consumatore finale”.

Gli allevatori chiedono quindi che “chi produce sia salvaguardato non di più, ma quantomeno alla stregua di chi compra, distribuisce e di chi consuma ed è necessario riconoscere il giusto prezzo per un cibo di qualità e sostenibile, in primo luogo proprio da parte di chi lo compra, lo distribuisce e lo consuma. Non esiste possibilità di superare indenni l’onda inflattiva nel breve periodo, e nessuno può pensare di scaricarla interamente a monte o a valle”. A tale proposito, “parlare genericamente di latte oggi è fuorviante. Nel caso delle Dop le compravendite si riferiscono ai bollettini delle principali borse merci in maniera trasparente, per tutto il resto i contratti sono la conseguenza dei rapporti di forza tra chi produce, chi trasforma e chi distribuisce e non è un segreto che, in assenza di un’interprofessione, sono gli allevatori l’anello debole della catena”.

I PUNTI CRITICI

La produzione è aumentatae questo di per sé è un bene – aggiungono gli allevatori – ma è frutto di ingenti investimenti sostenuti dagli allevatori che oggi devono pagarne gli interessi bancari. Non aumentano i consumi interni, dipendiamo dalle importazioni per l’alimentazione degli animali e per l’energia. I costi per le lavorazioni e le semine per l’auto produzione dei foraggi stanno crescendo a dismisura. A fronte della velocità impressa dalla valanga dei costi, il protocollo che vede impegnate le organizzazioni della rappresentanza, sotto la regia del Ministero, si sta rivelando non sufficiente, utile quando è stato pensato ma ormai superato”.

Semmai “la grande distribuzione, alla stregua di quanto è stato fatto per fronteggiare il caporalato nel pomodoro, non dovrebbe trattare con chi non ha ancora adeguato le liquidazioni o gli accordi con gli allevatori. E invece – sostiene il messaggio degli allevatori – se ne avvale per politiche promozionali al limite delle pratiche sleali, con prezzi alla vendita che non coprono i costi di produzione. In sintesi, se continua così agli allevatori non basteranno i 41 centesimi e chi trasforma avrà la necessità di scaricare parte dell’inflazione sui listini per non chiudere”.

Le catene della distribuzione “stanno preservando la capacità di acquisto delle famiglie italiane, ma la coperta è chiaramente troppo corta e chi non riesce a coprirsi rischia di non superare la nottata”.

Un punto a favore del protocollo secondo gli allevatori è stata “l’istituzione di un tavolo permanente che vede partecipi tutti gli attori, il modo agricolo, la trasformazione, la cooperazione e la distribuzione. Adesso che finalmente un tavolo esiste, andrebbe usato per fare qualcosa di concreto e soprattutto per farlo in fretta, andando oltre i contenuti dell’attuale protocollo, per dare una risposta prima che il sistema imploda. Lo scenario del prossimo futuro conferma infatti inflazione, probabile aumento dei tassi d’interesse, calo dei consumi nazionali, ulteriore aumento della produzione lattiera e una riforma della PAC che colpirà negativamente gli allevatori.

Quindi “i nostri soci e noi stessi – conclude la lettera – riconosciamo con orgoglio di essere nel posto giusto per dare dignità al nostro lavoro e alle nostre aziende, il nostro gruppo anche in questo frangente è vicino ai suoi soci. Dovremmo e vorremmo potere fare di più ma stiamo parlando di oltre 10 punti di inflazione che non trovano copertura dai prezzi di vendita. Dunque mai come oggi è importante che il mondo della rappresentanza si schieri dalla parte degli agricoltori e dell’industria virtuosa con la necessaria determinazione, facendo leva sulle istituzioni e promuovendo una giusta informazione”.

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