Crisi Russia-Ucraina – I mercati delle commodity agrifood

L’analisi di Areté, condotta in esclusiva per Food, fornisce un aggiornamento su quanto accaduto nei principali mercati internazionali delle commodity coinvolte nella filiera agroalimentare dall’inizio del conflitto fino a oggi

L’escalation delle tensioni geopolitiche che ha portato all’intervento militare russo in Ucraina, lo scorso 24 febbraio, ha immediatamente trasmesso forte volatilità ai mercati. Riportiamo di seguito un’analisi condotta da Areté – The Agri-food Intelligence Company sull’andamento dei mercati delle principali commodity agricole e agroindustriali.

CONSEGUENZE DIRETTE SULL’IMPORT EUROPEO

Nelle prime ore successive all’intervento militare, gli energetici sono subito andati in tensione, a causa del ruolo chiave che la Russia gioca nella produzione ed esportazione di gas e petrolio. Il prezzo del gas, sul riferimento europeo di Amsterdam, ha aperto le contrattazioni il 24 febbraio registrando un +30 per cento. L’Europa importa il 41% dei suoi consumi di gas naturale dai gasdotti russi. Il petrolio WTI è andato immediatamente a ridosso dei 100 $/bbl, i massimi dal 2014. Immediati i rialzi marcati anche sui cereali (frumento, mais e soia) e degli oli vegetali. Anche qui pesa il ruolo chiave di Russia e Ucraina come paesi produttori ed esportatori. Immediati anche i nuovi record per l’alluminio, i cui prezzi hanno superato il precedente picco toccato durante la crisi finanziaria del 2008. Su tutte le materie prime esportate dalle aree interessate dal conflitto, l’impossibilità di accedere alle infrastrutture logistiche ha determinato un forte freno per l’offerta.

CONSEGUENZE INDIRETTE SUI COSTI DI PRODUZIONE

Se gli effetti sulle commodity direttamente interessate dal conflitto risultano evidenti, diversi sono i meccanismi di trasmissione che impattano o potrebbero impattare tutto il comparto agro-industriale. Con un’inflazione in Ue sugli energetici di oltre il 28% a gennaio, ulteriori rincari si trasmettono soprattutto alle materie prime che richiedono ingenti input produttivi e trasformazioni come latticini, uova e zucchero. Maggiori costi produttivi, lungo tutta la filiera, sono anche trasmessi dai rincari dei fertilizzanti (correlati al gas e prodotti in Russia e Ucraina) e dai maggiori costi delle materie prime legate al packaging (a partire dall’alluminio). Rincari del petrolio che si trasmettono anche all’etanolo aumentando l’incentivo a produrre con maggiori quantità di materia prima agro come canna, bietola e mais. La sostituzione sui carburanti, guida invece l’effetto spillover sul comparto oli vegetali, l’olio di palma malese in primis viaggia verso i 7.000 MYR/t, dopo aver oltrepassato gli 8.000 MYR/t record storico assoluto. Nel breve periodo, permane una forte volatilità, dato il clima di grande incertezza che favorisce anche la componente speculativa.

DOPO SETTIMANE, LE MATERIE PRIME NON MIGLIORANO

Sul medio-lungo periodo, determinante sarà l’evoluzione del conflitto e gli effetti sui fondamentali in relazione ai meccanismi sopracitati. Allo stato attuale, 9 marzo 2022, con i porti ucraini completamente bloccati, l’intensificarsi delle sanzioni alla Russia e la risposta di Mosca con le restrizioni agli scambi su una lista di beni ancora non specificata, le materie prime continuano a registrare impennate di prezzo record. Guidano energetici, fertilizzanti, cereali, oli e metalli dove Russia e Ucraina giocano un ruolo chiave nella produzione ed esportazione.

Con l’annuncio del Presidente degli Stati Uniti Joe Biden di bloccare l’import petrolifero ed energetico dalla Russia, il gas ha toccato nuovi record, mentre il petrolio ha raggiunto i massimi dal 2008. Il comparto trascina i fertilizzanti, anche sulla scia del rischio di uno stop alle esportazioni di concimi da parte della Russia.

Prezzi ai record anche per frumento e mais; in molte piazze europee sono state sospese le quotazioni dell’olio di girasole. Qui la tensione è andata a intensificarsi con la decisione di alcuni Paesi dell’Europa dell’Est, Ungheria in testa, di bloccare le vendite all’estero per garantire il mercato nazionale. Attenzione anche al mercato dei piselli; nella campagna corrente Russia e Ucraina hanno fino a ora parzialmente compensato la limitata offerta nordamericana.

Il blocco dei porti, unitamente ai rincari delle altre materie prime mangimistiche trasmette rialzi alle quotazioni, su Milano +25% da inizio conflitto. Situazione simile per i metalli; raggiunti valori mai toccati per alluminio, palladio e nichel; per quest’ultimo il London Metal Exchange (LME) ha interrotto gli scambi.

FANNO ECO GLI ALTRI MERCATI

I rincari di prezzo degli input produttivi (energia e mangimi in primis) e gli effetti sostituzione, hanno trasmesso rialzi anche a materie prime non direttamente coinvolte dal conflitto. Record di prezzo per le polveri di latte; le uova si avvicinano pericolosamente ai livelli del 2017, anno della contaminazione da fipronil. Record anche per l’olio di palma, mentre la soia, sul mercato Usa, è ai massimi dal 2012. Parzialmente al riparo dalla volatilità rialzista coloniali e frutta secca. Anche se la carenza di fertilizzanti e inflazione energetica potrebbero avere impatti importanti sulle prossime produzioni. Lo zucchero quotato su The ICE, da inizio conflitto, ha registrato circa un +10%, sulla scia di un’offerta globale che potrebbe risentire negativamente di una maggior quota di canna e bietola destinata alla produzione di etanolo.

Da seguire anche l’evoluzione dei mercati valutari, con l’apprezzamento del dollaro per investimenti in beni rifugio e degli attesi aumenti dei tassi FED, sebbene in misura più ridotta rispetto alle attese pre-conflitto. Su molti mercati, nel breve/medio periodo, seguendo gli sviluppi del contesto geopolitico e in attesa del ripristino o della riorganizzazione dei flussi di scambio a partire da Ucraina e Russia, l’attenzione degli operatori passa in molti casi dal livello dei prezzi alla disponibilità fisica degli approvvigionamenti, con molti contratti a rischio annullamento per cause di forza maggiore.

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