La vaschetta del San Daniele Dop preaffettato è dotata di un codice QR che consente di risalire a dove e quando è stato prodotto il prosciutto, e da dove viene il maiale. Oggi se ne producono 25 milioni, e i dieci laboratori di affettamento sono tutti a San Daniele del Friuli. È il settore di maggiore crescita: “La richiesta per il prodotto preconfezionato è alta e noi ci siamo adeguati, fornendo informazioni precise al consumatore che è sempre più consapevole e attento” – afferma il Direttore del Consorzio di tutela, Mario Emilio Cichetti intervistato dal Messaggero Veneto.
Innovativo è anche il sistema di gestione dei rifiuti prodotti dai prosciuttifici, che sono le salamoie e i sali usati per la stagionatura. “In ottobre – prosegue Cichetti – inizieremo i lavori di un nuovo impianto di trattamento che li trasformerà in sale per l’industria, per le concerie e come antighiaccio da spargere sulle strade: un’operazione di economia circolare molto soddisfacente. Ma già da 15 anni il Consorzio si occupa della raccolta e dello smaltimento dei reflui da ciascuno dei 31 prosciuttifici associati: nulla viene disperso nell’ambiente”.
La stessa cosa vale per l’energia. Dal 2000 l’acquisto è gestito con un unico contratto, con evidenti vantaggi economici e un utilizzo più razionale che ha ridotto i consumi. Quanto al prosciutto San Daniele Dop vero e proprio, con lo zampino che lo distingue dagli altri (ma ha anche una precisa funzione poiché “agevola il drenaggio del salume” e mantiene “l’integrità biologica della coscia”), l’originalità sta piuttosto nella sua immutata formula di produzione: da tempi immemori si fa come una volta, con la sola aggiunta di sale marino e la stagionatura (minimo 13 mesi) nello speciale microclima dell’anfiteatro morenico friulano, fra l’aria fresca che scende dalle Prealpi Carniche e quella temperata e salmastra che sale dal mare Adriatico, con il fiume Tagliamento che scorre sotto e agisce da termoregolatore naturale.
L’area di produzione corrisponde ad un territorio di appena 35 chilometri quadrati con ottomila abitanti, che l’anno scorso ha sfornato 2.800.000 prosciutti (di cui circa 500.000 preaffettati) per un fatturato di 330 milioni di euro. “La nostra filosofia è perfettamente glocal – osserva Cichetti – invece di delocalizzare, le aziende devono stabilirsi qui e solo qui per produrre con il nostro marchio”.
Quanto alle vendite, il San Daniele Dop vanta un mercato consolidato e il 18 per cento del totale che finisce all’estero. Il Consorzio di tutela è stato il primo a nascere in Italia, nel 1961, nel settore salumeria. Svolge anche attività di vigilanza sul mercato, con oltre 1.500 punti vendita controllati ogni anno affinché non vi siano abusi o usi illegittimi del nome e del marchio.