Con il crollo della produzione nazionale di olive le famiglie italiane dovranno dire addio a quasi una bottiglia su tre di olio extravergine italiano, mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole. E con l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio. È quanto emerge dal report “2022, la guerra dell’olio Made in Italy” di Coldiretti e Unaprol diffuso in occasione dell’avvio della raccolta delle olive 2022/2023.
A pesare sulla produzione nazionale, con un calo stimato del -30%, è stata una siccità devastante, mai vista negli ultimi 70 anni e che ha messo in stress idrico gli uliveti danneggiando prima la fioritura e poi le gemme; soprattutto nelle zone in cui non si è potuti intervenire con le irrigazioni di soccorso per dissetare e rinfrescare le piante. Varie aziende hanno deciso di non intervenire anche a causa degli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni. Salva, se non altro, la qualità, anche considerando che l’Italia che può vantare il più ricco patrimonio di varietà di oli a livello mondiale.
Con l’esplosione dei costi, aumentati in media del +50% nelle aziende olivicole, secondo i dati Crea quasi un’impresa su 10 (9%) sta lavorando in perdita ed è a rischio di chiusura. A pesare sono in particolare i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia, che vanno dal +170% dei concimi al +129% per il gasolio nelle campagne, mentre il vetro costa oltre il +30% in più rispetto allo scorso anno. Ma si registra anche un incremento del +35% per le etichette, del +45% per il cartone, del +60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al +70% per la plastica, sempre in base all’analisi congiunta Coldiretti – Unaprol. Olivicoltori e frantoiani sono costretti a fronteggiare infine gli aumenti delle bollette dell’elettricità, i cui costi sono quintuplicati.
E se i costi crescono mentre i ricavi delle imprese scendono, il carrello della spesa delle famiglie registra aumenti dei prezzi al dettaglio per la maggior parte dei prodotti della tavola. Per l’olio extravergine d’oliva sono infatti attesi forti rincari sugli scaffali già nel prossimo autunno, in concomitanza con l’arrivo delle nuove produzioni.
LA RACCOLTA
La raccolta delle olive è partita in Sicilia, che da sempre anticipa tutte le altre regioni italiane, con una produzione in netto calo rispetto alla scorsa campagna, attestatasi intorno a 330 milioni di chili di olio prodotto. Il calo è diffuso del Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura come Puglia e Calabria, che da sole rappresentano circa il 70% della produzione olivicola nazionale. Specialmente in Puglia si rischia un taglio fino al -50% a causa delle gelate fuori stagione in primavera e della siccità estiva, mentre continua a perdere terreno il Salento, compromesso dalla Xylella che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale. Nelle regioni centrali, come Lazio e Toscana, l’andamento è a macchia di leopardo con un leggero rialzo della produzione rispetto all’anno scorso, stimabile tra il +10 e il +20%. Sembra andar meglio invece nel resto d’Italia, con il Nord che segna un aumento produttivo attorno al +40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto.
SOSTEGNO ALLA PRODUZIONE
“Per sostenere le produzioni nazionali, resistere ai cambiamenti climatici e difendere la sovranità alimentare nazionale e la dieta mediterranea, di cui l’olio è componente fondamentale – affermano in una nota Coldiretti e Unaprol – occorrono un piano strategico per la realizzazione di nuovi impianti olivicoli con varietà italiane, risorse per contrastare l’aumento vertiginoso dei costi di gestione delle aziende agricole e realizzare nuovi sistemi di irrigazione, ma anche opere infrastrutturali di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque: potenziando la rete di invasi sui territori e creando bacini”.
Il consiglio delle due associazioni ai consumatori, per sostenere le aziende italiane e non cadere nell’inganno del falso Made in Italy, è quello di scegliere verificando attentamente l’etichetta. Le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari”, obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva, “sono spesso riportate in caratteri molto piccoli, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che le rende difficilmente visibili – sostengono Coldiretti e Unaprol – tanto che i consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente”.
UN PIANO STRATEGICO NAZIONALE
“Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese, con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità, ma anche un sistema economico che vale oltre tre miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione” – afferma il Presidente Coldiretti Ettore Prandini. L’obiettivo è “rilanciare una produzione nazionale dell’olio d’oliva, messa a rischio anche dal sistema di etichettatura Nutriscore: fuorviante, discriminatorio ed incompleto, che finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali. Come l’olio d’oliva, che è uno dei pilastri della dieta mediterranea”.
Secondo il Presidente Unaprol, David Granieri,“non è più rinviabile un piano strategico nazionale dell’olivicoltura che metta al centro le aziende che sono sul mercato, producono reddito e occupazione, oltre al recupero dei tanti uliveti abbandonati che devono essere rinnovati per ridare ossigeno e speranze ai territori”.