La crisi globale che sta caratterizzando il 2022 ha inciso pesantemente sulla spesa alimentare degli italiani. Da settembre emergono infatti i primi segnali di trading down del carrello della spesa, con l’abbandono dei prodotti premium a favore di quelli di primo prezzo.
A rivelarlo è l’indagine realizzata da Iri e GS1 Italy, riportata dal Sole 24 Ore, che ha monitorato l’andamento del largo consumo nei primi nove mesi del 2022. Rispetto al gennaio-settembre 2021, a fronte di prezzi aumentati del +5,8% e di un’inflazione salita del +5,7%, le vendite a volume sono rimaste stabili (+0,1%). Ma dopo il rientro dalle ferie, la situazione è cambiata e le famiglie hanno iniziato a ridurre gli acquisti: nel giro di quattro settimane i volumi nella distribuzione moderna sono diminuiti, con punte del -4,7% negli ipermercati e del –1,6% nei superstore.
DISCOUNT SEMPRE PIÙ APPREZZATI
A guadagnarci sono stati i discount, dove le quantità di merce vendute sono aumentate, in particolare da settembre (+6,3%). Per riuscire a far quadrare i conti di casa il 23% degli intervistati ha dichiarato di fare la spesa in questo canale più spesso che nel recente passato. Il giro d’affari di questi store è aumentato del +12,2% in un anno (così come accade da un biennio) e la quota a valore sul totale è arrivata al 20,6%, guadagnando tre punti rispetto al 2019.
Ma gli effetti della congiuntura economica si sono fatti sentire anche su questo format: il discount è il canale distributivo dove l’inflazione si è fatta più sentire (+8,6%), soprattutto da settembre (+14,1%), e dove la pressione promozionale è calata maggiormente (-3% contro il -2,2% medio). Ma anche quello dov’è cresciuta di più la presenza di grandi marche industriali, così come in un altro canale che sta beneficiando di questa caccia alla convenienza: gli specialisti del drug, casa e persona (+4,4%).
E-COMMERCE PENALIZZATO
La ricerca di convenienza ha invece penalizzato l’e-commerce rallentandone l’avanzata. I tassi di crescita a tre cifre registrati nel 2020 e quelli a due cifre del 2021 sono lontani. Nell’anno terminante a settembre i generalisti online hanno incassato un +4,1%, l’home delivery un +4,7% e il click&collect un +0,5%. Così la quota e-commerce sul giro d’affari del Largo consumo resta ferma al 2,3%, come nel 2021.
IL “NUOVO” CARRELLO DELLA SPESA
Il carrello della spesa non è diventato solo più vuoto. L’analisi per fascia di prezzo o di posizionamento a scaffale mostra infatti l’avanzata dei primi prezzi (+7,6% sull’anno mobile) e dei prodotti mainstream (+6,7%) e la contrazione di quelli premium (-1,7%), in particolare di grandi marche. Le private label guadagnano quasi l’1% di quota, anche grazie all’aumento dell’offerta a scaffale, tranne che nei discount e negli specialisti drug.
Sulle variazioni del carrello della spesa pesa anche l’impatto dell’inflazione, molto evidente soprattutto in alcune filiere sotto pressione. Il record va all’olio di semi (+49,4%), alla pasta di semola (+23,5%) e al burro (+20,8%), seguiti da avicunicoli, formaggi da tavola, riso bianco, maionese, e nettari, con un tasso inflattivo superiore al 10%.