I ricercatori del CNR e dell’Università di Bari hanno elaborato un nuovo processo per prolungare la durata di conservazione della pasta fresca di 30 giorni, utilizzando un nuovo processo di confezionamento che prevede anche l’applicazione all’impasto di colture probiotiche bioprotettive. La nuova ricetta è stata pubblicata sulla rivista Frontiers in Microbiology.
La maggior parte della pasta fresca venduta nei negozi oggi è prodotta attraverso un processo industriale che include il trattamento termico del prodotto: essenzialmente l’equivalente della pastorizzazione per la pasta.
Quando la pasta è pronta, viene conservata in un confezionamento in atmosfera modificata (MAP), che comporta la rimozione dell’ossigeno e la sua sostituzione con altri gas all’interno di una confezione costituita da film plastico.
I LIMITI ATTUALI
Se conservata in frigorifero, la pasta fresca ha una durata compresa tra i 30 e i 90 giorni. Tuttavia, molte cose possono andare storte per compromettere la qualità della pasta e persino la sicurezza del prodotto.
Alcuni batteri possono infatti sopravvivere al trattamento termico e crescere nelle giuste condizioni, come la troppa umidità. A volte vengono utilizzati anche conservanti chimici per aiutare a mantenere la freschezza.
Per i consumatori che preferiscono prodotti privi di ingredienti artificiali o sintetici, le opzioni disponibili per prolungare la durata di conservazione della pasta fresca sono ad oggi limitate.
UN NUOVO METODO DI CONSERVAZIONE
I ricercatori del CNR, insieme all’Università di Bari Aldo Moro e in collaborazione con il laboratorio chimico privato Food Safety Lab, hanno sviluppato un nuovo metodo per ridurre al minimo i problemi di deterioramento.
In primo luogo, hanno modificato il rapporto tra gas MAP e combinazione di film plastici utilizzati nell’imballaggio per controllare meglio la crescita microbica e l’impermeabilità. Infine, hanno aggiunto una miscela probiotica multi-ceppo per inibire la crescita dei batteri.
Gli scienziati hanno quindi testato il nuovo protocollo utilizzando le trofie. Un set di pasta fresca è stato prodotto e confezionato in modo convenzionale. Un secondo set è stato prodotto tradizionalmente, ma conservato nel MAP sperimentale. Hanno aggiunto i ceppi probiotici bioprotettivi a una terza serie di trofie fresche, che è stata poi conservata nella confezione sperimentale. Poi gli scienziati hanno aspettato. Dopo alcuni mesi – e utilizzando metodi ad alta tecnologia come il sequenziamento genico per identificare le composizioni microbiche e la spettrometria di massa per profilare i composti organici volatili – hanno scoperto che la pasta trofie trattata con probiotici bioprotettivi antimicrobici nel MAP sperimentale aveva la migliore durata di conservazione dei tre esperimenti.
“I risultati dimostrano che il MAP, insieme a colture bioprotettive probiotiche essiccate a spruzzo, ha agito in modo sinergico per controllare il deterioramento microbico della pasta fresca durante la conservazione refrigerata”, afferma Francesca De Leo, ricercatrice presso l’Istituto di Biomembrana, Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari del CNR. La tecnica sviluppata dal team potrebbe ora essere introdotta a livello industriale, aggiungendo 30 giorni di conservazione rispetto ai prodotti convenzionali.
LE APPLICAZIONI PER L’INDUSTRIA
“Dal punto di vista del consumatore, un chiaro vantaggio di questo prodotto è la lunga durata e la facilità di conservazione – sottolinea De Leo –. Questo può essere particolarmente importante considerando che i consumatori tendono sempre più a ridurre la frequenza dei loro acquisti alimentari e, di conseguenza, conservano il più possibile a casa”.
Il valore della ricerca riguarda anche la possibilità concreta di ridurre gli sprechi alimentari. Il Programma alimentare mondiale stima infatti che circa un terzo di tutto il cibo prodotto ogni anno viene sprecato o perso prima di poter essere consumato.
“Lo spreco e la perdita di cibo hanno una grande influenza sulla sostenibilità ecologica e ambientale del sistema alimentare – osserva De Leo –. L’adozione di soluzioni tecnologiche innovative per la prevenzione degli sprechi alimentari, come quella delineata in questo studio, può aiutare a compensare questi problemi se le aziende sono disposte ad innovare”.