Sono necessariamente interlocutorie le stime che Iri formula circa l’andamento del largo consumo confezionato nel 2023. “Alla luce di uno scenario in continua e profonda evoluzione – ha affermato Angelo Massaro, General manager per l’Italia Iri, nel corso della conferenza stampa promossa oggi da Centromarca – abbiamo ipotizzato due scenari. Il primo, più ottimistico, prevede una crescita della spinta inflattiva contenuta a +3,8%, che permetterebbe di mantenere i volumi stabili rispetto al 2022. Il secondo proietta invece un aumento dei prezzi fino a +7%”. E in questo caso le ripercussioni sulla filiera potrebbero non essere indolori. “Secondo le nostre proiezioni – ha osservato Massaro – il consumatore non sarà in grado di assorbire rialzi maggiori del +3%. La differenza rispetto all’opzione più cupa sarebbe quindi destinata a erodere i margini degli operatori del settore, con probabili riverberi sul fronte occupazionale, che a loro volta andrebbero a incidere sulla generale propensione al consumo”.
STRETTA SUI MARGINI
Un corto circuito che si spera possa essere evitato, anche in considerazione di un anno che si prospetta già molto difficile per la food industry. “Il quadro – fa notare Centromarca – è critico perché i costi esplosi nel 2022 non sono stati immediatamente trasferiti a valle a causa del divario temporale, di parecchi mesi, presente nel passaggio dei listini dall’industria alla distribuzione. E non solo. Secondo le stime redatte dalla società di consulenza Prometeia, infatti, anche ipotizzando il quasi totale trasferimento a valle degli oneri sostenuti finora, circa il 30% delle aziende del largo consumo si troverebbe comunque a operare con margini negativi, accentuando una sofferenza già manifestata dal 23% dei produttori nel 2021“.
Il momento è, insomma, davvero complicato tanto che i ricercatori ritengono a potenziale rischio il 18% del fatturato dell’industria del largo consumo, rispetto al 16% medio stimato per il manifatturiero nel suo complesso. E va considerato che alti e bassi cicli di mercato, grande volatilità, tensioni sui beni energetici e politiche monetarie restrittive potrebbero perfino pregiudicare la continuità nel medio termine di molte imprese.
RIPENSARE IL RUOLO DELLA FILIERA
In questo contesto, dunque, non pare accoglibile l’ipotesi di moratoria degli aumenti dei listini, formulata in più occasioni da associazioni e aziende della moderna distribuzione. Centromarca ritiene che non possa in alcun modo essere valutata nel merito: “determinerebbe sia turbative in un mercato che nel tempo ha migliorato la propria efficienza sia distorsioni nella concorrenza non compatibili con la normativa antitrust”.
È invece auspicabile che l’intera filiera possa trovare occasioni di incontro per ripensare il proprio ruolo e le proprie prospettive di crescita. Un auspicio che diventa un invito nelle parole del presidente di Centromarca, Francesco Mutti: “L’associazione era, e resta, ampiamente disponibile a discutere con il Governo, a uno stesso tavolo che coinvolga le aziende della moderna distribuzione, per ragionare su vie di sbocco percorribili a una situazione complessa che ha investito il settore e il Paese. Per ragionare, insomma, a una distribuzione di buon senso del valore tra tutti i diversi anelli che costituiscono la filiera”.