Gli ultimi dati diffusi da Istat relativi ai prezzi al consumo del mese di dicembre mostrano un’inflazione in lieve frenata rispetto a quella del mese precedente: l’indice generale segna +11,6%, mentre il carrello della spesa registra un +12,6%.
“L’inflazione e l’incertezza continuano a caratterizzare l’attuale congiuntura economica, con un impatto significativo sui bilanci delle famiglie e sui consumi soprattutto per quanto riguarda i volumi relativi al settore alimentare, che registriamo in sensibile rallentamento”, commenta Carlo Alberto Buttarelli (nella foto), Direttore ufficio studi e relazioni con la filiera Federdistribuzione. “Un trend che proseguirà anche nella prima parte del 2023, con il rischio di compromettere la tenuta della domanda interna del Paese”.
L’associazione delle insegne della distribuzione ricorda anche che le imprese della Distribuzione moderna sono impegnate da oltre un anno a “gradualizzare il trasferimento sui prezzi al consumo degli aumenti subiti in fase di acquisto, investendo risorse economiche e riducendo i margini per salvaguardare il potere d’acquisto degli italiani. Uno sforzo che non è più sostenibile dal nostro settore che in questi mesi ha dovuto anche fronteggiare i rincari energetici. Per scongiurare una possibile crisi dei consumi nei prossimi mesi è necessario che tutti gli attori della filiera agiscano con senso di responsabilità per limitare il più possibile la spirale della crescita dei prezzi, considerando anche che si registrano i primi segnali di rallentamento delle quotazioni delle materie prime e dei prodotti energetici”.
Un invito che si ricollega alla polemica di poco meno di un mese fa, quando Adm e Federdistribuzione avevano rivolto un appello all’industria alimentare italiana per frenare gli aumenti di listino in vista del 2023, avviando un confronto all’insegna della “responsabilità” di tutti gli attori coinvolti. “Per tutto il 2022, abbiamo accettato gli aumenti di listino (oltre 1.240) proposti dai partner dell’industria e, per non mettere in crisi milioni di famiglie, ne abbiamo scaricato a valle solo una parte. Ora abbiamo già richieste di oltre 342 aumenti di listino per il 2023”, ricordava in quell’occasione il Vice presidente di Federdistribuzione, Giorgio Santambrogio. Netta la replica di Francesco Mutti, Presidente Centromarca: “Le industrie del Largo consumo confezionato e quelle di marca si sono fatte carico di una parte degli aumenti spropositati di materie prime ed energia, trasferendo a valle sui consumatori solo una parte dei rincari subiti. Una moratoria dei prezzi non è possibile senza pregiudicare la tenuta del tessuto produttivo”. Una tensione destinata a proseguire nei prossimi mesi, a meno di un deciso rallentamento dell’attuale dinamica inflattiva.