Anche quest’anno il meteo ha giocato un ruolo importante nel comparto del grano e, di riflesso, della pasta di semola. Il raccolto è stato inferiore alle attese, confermando tra l’altro un’inversione di tendenza: la scorsa estate, in alcuni areali del centro-nord, la raccolta del grano duro ha anticipato quella del grano tenero, laddove di solito avviene il contrario.
Lo rileva l’Espresso, che ha intervistato Massimo Menna – alla guida del Pastificio Garofalo e Presidente del Consorzio di Tutela della Pasta di Gragnano, che proprio questo fine settimana celebra la decima edizione della manifestazione dedicata all’unica Igp del comparto – e Giovanni Battista Girolomoni, Presidente della Gino Girolomoni Cooperativa Agricola di Isola del Piano (Pu).
IL RUOLO DEL CLIMA
Menna conferma al settimanale le criticità che i cambiamenti climatici hanno determinato su quantità e qualità del grano. Quest’anno, per esempio, le intense piogge primaverili hanno vanificato le previsioni di un raccolto abbondante. Alla riapertura, le Borse Merci di Bari e Foggia hanno segnato una flessione nelle quotazioni del grano tra i 43 e i 60 euro a tonnellata.
Dal canto suo, Girolomoni aggiunge che la trebbiatura ha subito un ritardo di 15-20 giorni sulla tabella di marcia e la resa, in sede di molitura, si è rivelata piuttosto scarsa, dopo un biennio assai prolifico. Alla cooperativa che presiede – e che impiega solo grano biologico e conta un molino e un pastificio attiguo ai campi (4mila ettari coltivati a grano duro e 500 a grani antichi come Senatore Cappelli o Khorasan Graziella Ra) – aderiscono trecento associati marchigiani, cui va aggiunto un centinaio di aziende in filiera. L’imprenditore fa notare che il prezzo a scaffale di un pacchetto di pasta è aumentato peraltro “solo” di 30 centesimi. Un ritocco non eccessivo, considerando che si tratta di un prodotto realizzato con grano bio 100% italiano.
UNA PRODUZIONE ENERGIVORA
Alle problematiche legate alle bizze del clima vanno comunque aggiunti i costi legati a un’attività energivora come quella della molitura e della produzione. In chiave green, la cooperativa marchigiana ha investito in una moderna caldaia a legna, mentre l’essiccazione è effettuata a temperature non elevate.
Girolomoni conclude aggiungendo un terzo fattore critico, ovvero la concorrenza della Turchia, che si può avvalere di forti scorte di grano, mentre la pasta è regolamentata in modo diverso rispetto all’Italia. Basti pensare che in quel Paese è possibile utilizzare anche grano tenero in percentuali variabili. Il che, per fortuna, mantiene la produzione turca a un livello qualitativo inferiore rispetto alla pasta italiana. Almeno su questo non temiamo rivali.