L’autunno è da sempre cerchiato in rosso sul calendario come la stagione, complessa e nevralgica, dei rinnovi contrattuali. Nel 2023 però questo passaggio si è rivelato particolarmente tortuoso, segnando un aumento della temperatura nei rapporti tra retailer e industria di marca. Il contesto in cui si inseriscono i confronti fra i due player è, infatti, caratterizzato da non poche complessità, tanto esogene quanto endogene al sistema.
Materie prime ed energia restano volatili, pesando sui conti sia della parte produttiva sia di quella distributiva. Gli investimenti delle imprese, strategici per assicurare innovazione, sono diventati più onerosi a causa della crescita dei tassi. E più a valle della filiera, non va dimenticato che l’erosione del potere di acquisto delle famiglie ha richiesto di mettere in campo un contenimento degli aumenti, necessario per porre un argine a una contrazione dei consumi.
Contrazione che pure non ha mancato di fare sentire la propria pressione sul sistema: i dati rilevati da Circana sul largo consumo confezionato segnalano che nei primi nove mesi del 2023 i volumi hanno arretrato del -2,1 per cento. Una sforbiciata importante del carrello della spesa, dunque, che si accompagna peraltro a un incremento dei prezzi, se si considera che nello stesso periodo di analisi l’inflazione ha corso a +11,3%, superando così nettamente il dato del 2022, fermo a +7,8 per cento.
INTERVENIRE SUI LISTINI
Ai tavoli delle trattative chiamate a disegnare i rapporti contrattuali del 2024, siede insomma un convitato di pietra: la riduzione dei volumi. Un problema che paradossalmente potrebbe rappresentare un terreno di incontro: superare l’ostacolo è infatti un obiettivo condiviso da tutte le parti in causa. Vero è però che le strade per raggiungerlo non sembrano essere le stesse. Tanto l’Idm quanto la distribuzione guardano con favore ai primi segnali di rallentamento della spinta inflativa dello scorso ottobre, che rappresentano potenzialmente una positiva premessa per una ripresa dei consumi.
E dunque per colmare il gap accumulato a fronte delle quantità vendute. Ma in chiave prospettica questo segnale assume interpretazioni differenti. Federdistribuzione sottolinea come questo primo positivo risultato si sia registrato al termine del primo mese di azione del trimestre anti-inflazione, il patto sottoscritto tra il Governo e 32 tra associazioni prevalentemente della distribuzione, della trasformazione e della produzione, impegnate a garantire fino al 31 dicembre 2023 un paniere di prodotti di prima necessità proposti a prezzi calmierati. Un’operazione che, dice l’associazione, ha visto l’adesione pressoché unanime delle imprese della distribuzione. E che invece avrebbe trovato un’accoglienza più tiepida da parte dell’industria, accusata di aver recitato “un ruolo marginale, con interventi limitati a qualche proposta promozionale”.
A conti fatti, dice sempre Federdistribuzione, la formula ha però dimostrato di essere efficace. E dunque occorre che anche l’Idm intervenga in modo più deciso. “Per poter raggiungere un obiettivo di riduzione strutturale dell’inflazione e un sostegno al rilancio dei consumi – afferma Carlo Alberto Buttarelli, Presidente Federdistribuzione – è ne- cessario il contributo anche da parte delle imprese dell’industria dei beni di largo consumo, che deve necessariamente passare attraverso un intervento per ridurre i prezzi di listino”.
E questo tanto più che “i prezzi di energia e di molte materie prime hanno fortemente ritracciato – dice Fabio Sordi, Direttore commerciale Gruppo Selex –, creando le condizioni per non produrre ulteriore inflazione e, in alcuni casi, anche per praticare tagli”. Una valutazione condivisa anche da Gruppo VéGé: “Ci sono i presupposti perché si possano mettere a terra riduzioni – osserva il Direttore commerciale Edoardo Gamboni –. E questo anche alla luce del fatto che molti nostri fornitori di Mdd hanno già provveduto in tal senso”.