L’ortofrutta italiana è reduce da Fruit Logistica, la fiera più importante del settore, che si è svolta la scorsa settimana a Berlino. Il settore si è presentato in forze in terra tedesca: 478 aziende italiane presenti su un totale di 2.770 esibitori. Un carico di energia e innovazione per provare a contrastare un mercato che non sorride agli operatori.
IL NODO DEI CONSUMI
L’ortofrutta italiana rappresenta un’eccellenza del made in Italy, con una produzione che si pone intorno ai 24 milioni di tonnellate per un valore di circa 15 miliardi di euro, impreziosita da ben 125 Dop e Igp ortofrutticole italiane. Ma il settore è arrivato all’appuntamento con Fruit Logistica fiaccato da consumi che non decollano. Sul mercato interno, infatti, i dati elaborati da Cso Italy indicano nel 2023 acquisti al dettaglio in Italia ancora in calo: -6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il 2022 aveva già segnato la diminuzione più impattante: circa 500 mila tonnellate in meno in un solo anno. Nel 2023 si sono perse ulteriori 350 mila tonnellate.
Una diminuzione legata anche alla morsa dell’inflazione che, come ha rilevato una recente indagine del Monitor Ortofrutta di AgroTer in partnership con Ismea-Nielsen, lo scorso anno ha fatto registrare una crescita di 7 punti rispetto al 2022. E altri sette punti si erano avuti tra il 2022 e il 2021: se si confronta la situazione con il 2019, l’anno prima della pandemia, l’aumento dei prezzi di frutta e verdura è di ben 23 punti.
Sul fronte dei consumi, l’ortofrutta assorbe una fetta importante della spesa alimentare, con una quota percentuale che nel 2023 si attesta al 19,1%, anche se in lieve flessione rispetto all’anno precedente. Nel segmento ortaggi freschi il dato più preoccupante riguarda il comparto della IV gamma che, oltre la diminuzione in quantità (-3,6%), è l’unica voce del paniere orticolo che subisce anche una contrazione in valore (-1,3%).
IL PUNTO SULLA PRODUZIONE ORTOFRUTTICOLA ITALIANA
L’European Statistic Handbook 2024 diffuso da Fruit Logistica indica una produzione frutticola italiana pari a 10,4 milioni di tonnellate nel 2023, in calo rispetto ai 10,7 milioni dell’anno precedente (mele, uva da tavola, pesche e nettarine le principali responsabili). Sul fronte degli ortaggi per il mercato fresco, invece, la produzione è cresciuta fino a sfiorare quota 7 milioni di tonnellate (6,4 milioni nel 2022).
BILANCIA COMMERCIALE IN ROSSO
L’Italia si sta confermando un Paese importatore netto di ortofrutta. In attesa del consuntivo 2023, nei primi dieci mesi dello scorso anno il saldo commerciale a volume segna un disavanzo sopra le 400 mila tonnellate. Nel primo semestre, secondo le elaborazioni di Fruitimprese su dati Istat, si erano importate poco più di 2 milioni di tonnellate di ortofrutta a fronte di un export fermo a 1,7 milioni, con mele, kiwi e arance tra i principali prodotti commercializzati fuori dai confini nazionali e banane, ananas e avocado tra i principali frutti importati.
Stando al report di Fruit Logistica, nel 2022 l’Italia ha spedito in Germania quasi un milione di tonnellate di ortofrutta, segue la Francia (317mila ton) e la Spagna (181mila). “Esportiamo mele in 117 paesi e kiwi in 99, siamo tra i principali paesi esportatori di ortofrutta al mondo, copriamo un tassello dell’agricoltura e dell’economia nazionale che merita considerazione – osserva Marco Salvi, Presidente Fruitimprese, l’associazione degli esportatori ortofrutticoli -. Solo in Germania l’export raggiunge il valore di un miliardo e 600 milioni su un valore complessivo dell’export di 5 miliardi e 300 milioni di euro”.
Ora le tensioni geopolitiche nel Mar Rosso e il blocco di Suez stanno complicando l’export verso oriente. “Mediamente – ha ricordato il Presidente Cso Italy, Paolo Bruni – l’Italia destina in un anno 150 mila tonnellate di ortofrutta verso il Medio Oriente e 80 mila verso il Sud-Est asiatico, che in valore rappresentano, complessivamente, oltre 300 milioni di euro. Per cogliere l’entità del danno è sufficiente considerare che per evitare il canale di Suez e pertanto circumnavigare l’Africa, la tratta subisce un allungamento di circa 20 giorni, mettendo a dura prova la shelf life del prodotto. Ciò concorre ad un aumento dei costi stimabile fino a 1.500 dollari a container, che si traducono sul prodotto in un aumento fino a oltre 10 cent di euro/kg, andando a ledere la competitività dell’ortofrutta italiana su quei mercati”.