Il 2023 è stato caratterizzato da discreti segnali di ripresa per il settore dairy, nonostante l’aumento dei prezzi al consumo dovuto alle forti tensioni inflattive sui costi di tutti i fattori di produzione. Secondo l’analisi di Assolatte presentata nel corso dell’ultima assemblea dell’associazione, nonostante il generale miglioramento rispetto a due anni fa tornare alla situazione pre-inflattiva sembra per ora impossibile.
Del resto, i costi dei principali fattori di produzione sono rimasti su livelli significativamente superiori rispetto a quelli degli anni scorsi e – soprattutto in Italia – emergono problemi di competitività per molti prodotti. “Un anno sostanzialmente positivo, nonostante i mille problemi con cui ci siamo confrontati”, commenta Paolo Zanetti, Presidente di Assolatte.
Anche se, come detto, alcuni prodotti – molto importanti per il comparto – vivono particolari difficoltà. I consumi di latte alimentare, ad esempio, continuano a diminuire; i produttori di mozzarella competono in un segmento fortemente concorrenziale, mentre gli industriali del burro sono alle prese con fenomeni speculativi e hanno notevoli difficoltà a trasferire a valle gli altalenanti costi di produzione. “Per tanti prodotti siamo vicini al punto di rottura –sottolinea Zanetti –. Nei mercati ci sono limiti che non possono essere superati. Sono a rischio le vendite e le esportazioni, soprattutto dei formaggi freschi che hanno un ruolo chiave per il nostro export”.
PRODUZIONE E MERCATO INTERNO
La produzione complessiva è cresciuta del +2,2% nel 2023; con il Nord Italia sempre più determinante nelle consegne di latte bovino, trainate dal +0,7% messo a segno dalla Lombardia, unica regione in crescita significativa a parziale compensazione di un’erosione dei volumi diffusa e, specie nelle regioni centro-meridionali e montane, piuttosto marcata. Sud e Isole dal canto loro conservano centralità nel latte delle altre specie, con il 76% della produzione ovi-caprina e l’87% di quella bufalina.
La mozzarella si conferma il formaggio italiano più prodotto (circa 380.000 tonnellate), consumato ed esportato, seguita – nell’ambito dei freschi – da mascarpone e burrata. Alcuni formaggi Dop restano strategici per il settore, al punto da ammontare a circa metà della produzione casearia nazionale complessiva. In aumento, in particolare, i volumi produttivi di Pecorino Romano (+12,4%), Grana Padano (+4,8%) e Gorgonzola (+2,6%); variazioni più contenute hanno riguardato Parmigiano Reggiano e Mozzarella di Bufala Campana (-0,2%). Le altre indicazioni geografiche hanno segnato un -1,4 per cento.
L’EXPORT DEL DAIRY ITALIANO
Se il mercato interno è ormai maturo, è notevole la crescita delle esportazioni che nonostante l’aumento dei prezzi medi non accenna a rallentare: le imprese del settore hanno messo a segno l’anno scorso l’ennesimo record sia a volume (600 mila tonnellate, +5,7%) sia a valore (4,9 miliardi di euro di fatturato, +11,6%).
Il mercato comunitario ha offerto un approdo sicuro, soprattutto nella top 3 costituita da Francia (+6,8%), Germania (+8,9%), Spagna (+7,4%) oltre che e nell’Est Europa dove spicca la Polonia, il mercato più dinamico con una crescita del +30,5 per cento.
Discorso diverso per diverse destinazioni extra europee. Frenate delle vendite sono state registrate in Canada (-7,6%), Giappone (-8,2%) e Corea del Sud (-7,2%). Anche il Regno Unito – sulla scia della recessione in atto nel paese – e gli Stati Uniti – doppio effetto di inflazione e svalutazione del dollaro – hanno mostrato qualche segnale di frenata anche se le vendite negli Usa hanno comunque chiuso l’anno in terreno segno positivo (+1,2%). Cina, Emirati Arabi ed Arabia Saudita sono stati i mercati caratterizzati dalla crescita percentualmente più rilevante tra i paesi non comunitari (rispettivamente +18,3%, +11,5%, +5,3%). La Cina, ha superato il Canada, diventando così il quinto mercato extraeuropeo per il dairy italiano dopo Regno Unito, Usa, Svizzera e Giappone.
I PRODOTTI DI PUNTA
Le vendite sono state trainate dal comparto dei freschi; la mozzarella ha messo a segno un +3,9%, mentre per burrate e mascarponi la crescita ha superato il 10%. Seguono grattugiati (+7,1%), Grana Padano e Parmigiano Reggiano in pezzi (+6,1%) e altri stagionati duri (+7,8%). Un lieve aumento (+1,1%) ha riguardato anche il Gorgonzola. Sono apparsi in sofferenza, invece, i formaggi a minore diffusione o meno consolidati sui mercati esteri, oltre al pecorino (-6,2%).
Complice il peso numerico conseguito in almeno un ventennio di continua crescita (il 45% della produzione complessiva di dairy italiano si vende all’estero), l’export si è confermato anche nel 2023 fondamentale leva di sviluppo delle aziende e di tenuta per territori e filiera.
IL VALORE DEL COMPARTO DAIRY
In occasione dell’ultima assemblea di Assolatte, The European House-Ambrosetti ha presentato i risultati della sua ultima ricerca sulla filiera del dairy italiano. Sono ben 48 mila gli addetti nella filiera lattiero-casearia, filiera capace di generare 5,1 miliardi di euro di valore aggiunto e che consegna all’Italia la leadership europea nelle IG, davanti a paesi come la Francia.