Nel Vecchio Continente rappresentano ormai una realtà più che radicata. Ma le opportunità di crescita potrebbero essere ancora più ampie. È questo in sintesi quanto emerge dalla ricerca “Private label: transformation for growth”, presentata da Circana nella cornice della fiera internazionale World of Private Label promossa da Plma.
La survey conferma, numeri alla mano, la centralità del settore in Europa: in Francia e Regno Unito, la marca del distributore è, infatti, arrivata a pesare a valore rispettivamente il 36% e 37% del largo consumo confezionato. Ancora meglio fanno Paesi Bassi (42%), Germania (43%) e Spagna (48%). E l’Italia? Nella classifica dei grandi mercati europei il nostro Paese è fanalino di coda, con una quota del 30 per cento. Significa 9 punti percentuali in meno rispetto alla media dei sei maggiori mercati. E proprio questo raffronto può significare che le maggiori opportunità di allungo per questa categoria risiedono proprio nel nostro Paese.
“Posto che i risultati raggiunti dalla Mdd sono influenzati dalla struttura distributiva dei singoli Paesi – commenta Maria Elena Serafin, Retail director Circana Italia –, in Italia si intravede un ulteriore avanzata. Va, infatti, considerato che a livello merceologico, alcuni settori come freschi, surgelati e ortofrutta registrano già una quota di pl ben superiore alla media nazionale, ma altri reparti sono meno saturi e dunque potrebbero regalare buone soddisfazioni”.
MEGLIO DELL’IDM
Una prospettiva tutt’altro che effimera, insomma, sostenuta dal fatto che le private label possono contare su solidi fondamentali. Sempre l’analisi di Circana rileva, infatti, che l’offerta a marchio del distributore è stata in grado di rispondere in modo efficace ed efficiente alla complessità del periodo post pandemico. E lo è stata spesso più dell’industria di marca.
Secondo i monitoraggi aggiornati a marzo 2024, questa categoria ha visto le vendite aumentare del +9,4% contro il +5,7% fatto registrare dall’Idm. E ancora più marcata è la differenza se si guardano i volumi: qui le private label mettono a segno un incremento del +2,2 per cento. Un dato parecchio rilevante se si pensa che l’industria ha dovuto invece fare i conti con una decisa flessione pari al -3,8%, capace di trascinare in territorio negativo l’intero mercato, accreditato di una media del -0,2 per cento.
In buona sostanza, la Mdd ha regito meglio a un contesto caratterizzato da spinta inflattiva che ha pesato sui conti delle famiglie, portando a orientare gli acquisti verso il trading down. In piena controtendenza con il mood complessivo, quindi, le private label sono riuscite a incrementare le quantità vendute, capitalizzando così a valore gli aumenti di prezzi generalizzati che pure hanno insistito anche su questa tipologia di offerta.
La cover è opera di Serena Gianoli