Export, la rivincita del made in Italy

Le rilevazioni di Nomisma assegnano al nostro Paese la medaglia di Top performer nel ranking dei primi 10 esportatori a livello mondiale. Il risultato di un decennio in continua crescita
Export, la rivincita del made in Italy

Meglio di Francia e Germania. Potrebbe sembrare un risultato calcistico. Invece, la buona notizia riguarda le esportazioni di food&beverage dell’Italia, che nel decennio appena concluso hanno mostrato, numeri alla mano, di crescere in modo più robusto rispetto a quelle degli storici concorrenti. Paesi assimilabili al nostro sotto molti aspetti, che mostrano tassi di sviluppo più contenuti. Le rilevazioni di Nomisma lo certificano senza prova d’appello: tra il 2013 e il 2023 l’export tricolore ha messo a segno un balzo del +88,4%, che distanzia il +36,6% registrato da Parigi e il + 52,3% ottenuto da Berlino.

L’Italia, insomma, ha guadagnato terreno, arrivando a posizionarsi al 9° posto nella classifica dei maggiori esportatori di agroalimentari nel mondo, grazie a un giro d’affari che sfiora i 62 miliardi di euro. Valori ancora lontani da quelli di Francia e Germania, che vantano rispettivamente 81 e 97 miliardi di vendite oltreconfine, ma che rappresentano un ottimo viatico per la nostra industry. Tanto più che l’andamento del dato cumulato del decennio passato viene confermato con decisione anche dalle performance dell’ultimo anno: “Il 2023 – afferma Denis Pantini, Responsabile Agrifood e Wine Monitor Nomismasi è chiuso con un allungo del +6% rispetto ai 12 mesi precedenti, che assegna all’Italia la medaglia di top performer, insieme alla Germania, nel ranking dei primi 10 esportatori a livello mondiale”.

Guardando avanti le prospettive paiono essere ancora più confortanti: “Le accelerazioni del 2022 e del 2023 – nota Pantini – sono state condizionate dall’inflazione. Si pensi, per portare un solo esempio, all’olio d’oliva, che nel biennio 2022-2023 ha scontato un crollo della produzione a livello mondiale e che ha visto il prezzo medio del prodotto esportato dall’Italia crescere più del 50% rispetto al triennio precedente. La spinta inflattiva ha pesato, invece, molto meno in questa prima parte del 2024, durante la quale il valore dell’export agroalimentare italiano ha comunque continuato a crescere, registrando un significativo +7,4%”.

PRODOTTI IN POLE POSITION

A indurre all’ottimismo c’è anche il fatto che la felice stagione vissuta dal made in Italy f&b è frutto di una crescita trasversale, che ha toccato tutte le principali categorie merceologiche. All’interno delle quali, tuttavia, si devono segnalare alcune punte di diamante. “A trainare la crescita – osserva Pantini – sono stati soprattutto formaggi e latticini, protagonisti di un exploit del +140,4% in dieci anni, i prodotti da forno, al centro di un allungo che sfiora il +150%, il caffè e gli spirits, capaci di macinare incrementi rispettivamente del +125% e + 154%”.

E non si tratta di una casualità: “In questi comparti – rileva Pantini – si conta la presenza di imprese più strutturate rispetto alla media del tessuto industriale del f&b, non di rado anche di caratura internazionale”. Un dato che però, letto nella prospettiva inversa, accende un faro su un fianco scoperto del made in Italy: “Il nostro Paese – dice Pantini – deve fare i conti con il problema per nulla risolto della frammentazione del proprio tessuto industriale, che vale anche nel caso caso dell’agroalimentare dove non è certo di poco conto la presenza di aziende di piccole dimensioni. Aziende che difficilmente si affacciano sul panorama internazionale: tra gli esportatori tricolori di f&b le Pmi pesano, infatti, meno del 20%”.


La cover è opera di Giovanni Gastaldi

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