L’Algoritmo: l’economia dello scarto

L'economia sociale dello scarto esclude dal sistema persone considerate non produttive o inutili. Una dinamica focalizzata su efficienza e profitto, che ignora il valore umano e il benessere collettivo
L’Algoritmo: l’economia dello scarto

L’economia sociale dello scarto è un concetto che si è diffuso soprattutto negli ultimi anni grazie al pensiero di Papa Francesco, che ha portato all’attenzione globale le conseguenze sociali ed etiche di un sistema economico basato sull’esclusione e sulla marginalizzazione. Un concetto che va oltre l’idea di rifiuto materiale o ambientale, concentrandosi invece sul “rifiuto” di persone, comunità e culture, che vengono considerate non necessarie o superflue nel processo economico e sociale.

La nostra economia, o meglio l’economia occidentale, è sempre più alimentata da una cultura che promuove il consumismo sfrenato e la logica dell’“usa e getta”. Tutti noi siamo incoraggiati a consumare beni e servizi spesso in modo insostenibile, e chi non è in grado di partecipare a questo ciclo di consumo viene escluso.

LA DISTRIBUZIONE SI MUOVE NELLA GIUSTA DIREZIONE

A livello filosofico e morale, fortunatamente è iniziata una nuova consapevolezza in merito a una nuova economia circolare e conseguentemente a un recupero dello scarto. Anche nel settore del retail, tantissime insegne si stanno muovendo in questa direzione, aiutati anche dalla legge 166/2021, cercando in primis di limitare lo spreco con una corretta gestione dell’assortimento, ma soprattutto facendo educazione alimentare sull’enorme spreco alimentare domestico. Bene che si continui in questa direzione, ma occorrerebbe maggiormente lavorare sull’altro tipo di scarto, ben più drammatico socialmente: quello sociale, appunto. 

L’economia sociale dello scarto, come detto, si riferisce a una dinamica economica e sociale in cui determinate categorie di persone vengono “scartate” perché considerate non produttive o non utili al sistema. Questo processo avviene quando le logiche economiche si concentrano esclusivamente sull’efficienza e sul profitto, ignorando il valore umano, la dignità e il benessere collettivo.

UN NUOVO ANTIDOTO CONTRO LA REALTÀ

La riflessione che desidero condividere con voi, egregi lettori, è relativa all’esclusione delle persone vulnerabili: i poveri, gli anziani, i migranti o i disabili. Persone che hanno spesso tantissime difficoltà a trovare spazio in un sistema economico che valorizza solo la produttività e il profitto. Parlando in questi giorni con l’amico Nico Acampora, il sognatore che ha cambiato la realtà, realizzando pizzerie gestite al 100% da ragazzi autistici, mi diceva, con molta amarezza, che solo in Lombardia le aziende hanno pagato oltre 80 milioni di euro in multe, piuttosto che assumere lavoratrici e lavoratori appartenenti alle categorie protette. Non solo, i 7.200 lavoratori assunti (su 23.108 posti di lavoro disponibili in categorie protette) sono quasi tutte persone con disabilità fisica e solo qualche centinaio quelli con disabilità cognitiva. Che tristezza… Che Vergogna!

A livello generale, gli impatti di questo modello economico sono sia individuali che collettivi, e si manifestano in diversi ambiti: a partire da una polarizzazione economica con maggiore povertà e sfruttamento, quindi una crescita dell’esclusione sociale e della precarietà lavorativa. Sicuramente non vi è una facile soluzione o una bacchetta magica per contrastare l’economia sociale dello scarto. Culturalmente, occorrerebbe adottare un modello economico più inclusivo e sostenibile, che ponga al centro il valore della persona umana e del benessere collettivo.

VERSO UN NUOVO PARADIGMA

Senza cadere nel populismo o nella demagogia, occorrerebbero politiche economiche di inclusione, implementando azioni che mirino a ridurre la disuguaglianza, migliorare l’accesso al lavoro dignitoso e rafforzare le reti di protezione sociale. È essenziale garantire, come peraltro dice la nostra Costituzione, che tutti abbiano le stesse opportunità di partecipare alla vita economica e sociale. Per far ciò, occorre partire dall’educazione e da una nuova consapevolezza. L’economia sociale dello scarto rappresenta infatti una delle sfide più critiche del nostro tempo poiché mette in evidenza i limiti di un sistema economico che esclude le persone vulnerabili e degrada oltremodo l’ambiente. 

Tuttavia, c’è una crescente consapevolezza della necessità di un cambiamento. Le alternative all’economia dello scarto, come l’economia circolare e l’economia solidale, offrono modelli in cui l’inclusione, la sostenibilità e la giustizia sociale possono diventare il fondamento di un nuovo ordine economico.

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